Il referendum nucleare e il pasticcio degli italiani all’estero

L’ennesimo smacco al governo arrivato ieri in mattinata con il pronunciamento della Corte di Cassazione sulla validità del quesito sul nucleare non ha portato con sè solo immancabili reazioni politiche ma anche problemi di natura strettamente tecnica. Il grosso pasticcio riguarda le schede elettorali che dovranno essere ristampate, in quanto la domanda su cui esprimere un “Sì” o un “No” sarà modificata nella forma. La conseguenza di ciò non sarà “solo” un aggravio di spesa (e già si sono volatilizzati 300 milioni di euro a causa del rifiuto del governo di fare “l’election day”) ma metterà anche a rischio la validità del voto degli italiani all’estero, stimati in oltre tre milioni di individui. Lo denuncia l’opposizione in una nota in cui si chiede al Governo che “dopo aver tentato inutilmente di impedire il pronunciamento di tutti gli italiani sul nucleare, ora faccia di tutto per tutelare l’uguaglianza dei cittadini e garantire il voto degli cittadini all’estero al referendum del 12 e 13 giugno prossimi”.

I deputati Luca Cefisi (Psi), Aldo Di Biagio (Fli), Eugenio Marino (Pd), Ricardo Merlo (Maie-Udc), Niccolò Rinaldi (Idv), Guglielmo Zanetta (Sel) affermano che i consolati hanno già concluso le spedizioni delle schede recanti il vecchio quesito e sono già in corso le operazioni di voto, di conseguenza non ci sono più i tempi tecnici per ripetere l’operazione di spedizione, voto e riconsegna delle nuove schede. Ciò non solo causerebbe una privazione del diritto per gli italiani all’estero ma contribuirebbe al mancato raggiungimento del quorum.

I parlamentari chiedono una urgente soluzione e danno un suggerimento: “…se davvero non ci sono i tempi, considerare valido per l’estero il vecchio quesito o, nel peggiore dei casi, non considerare il voto all’estero ai fini del conteggio del quorum“. Ma a questo problema dell’ultimo minuto se ne aggiunge un altro: sebbene la Camera dei Deputati abbia approvato oggi la conversione in legge del decreto sulle disposizioni per il voto dei cittadini “temporaneamente” all’estero, risulta che la norma escluda oltre tremila cooperanti di numerose ONLUS, 450 giovani in servizio civile, religiosi non iscritti all’Aire e gli studenti (programma Erasmus) ed il paradosso è che tutte queste categorie per votare dovrebbero tornare in italia!

Franco Narducci, deputato Pd (nella foto) eletto all’estero denuncia che la causa è ancora una volta nei tempi: “il decreto è arrivato in aula con un ritardo tale da rendere impossibile un aggiustamento…” ed aggiunge una ulteriore questione: “…i 450 giovani addetti al servizio civile all’estero hanno diritto al rimborso del viaggio in aereo e dunque alla spesa per il mancato election day si deve sommare anche quest’altro fattore di costo.” L’On. Narducci in ogni caso per cercare di rimediare almeno per le prossime tornate elettorali, ha annunciato di aver presentato un ordine del giorno con firme bipartisan (già accolto) che impegna il Governo a “regolamentare in maniera organica la disciplina dell’esercizio del diritto di voto per i cittadini temporaneamente residenti all’estero”.

Anche l’On. Aldo Di Biagio (Fli) è intervenuto durante la discussione, chiarendo: “La questione chiave del provvedimento in esame sembra girare intorno a due aspetti. Il primo cioè la portata limitata dei fruitori di questo diritto che non si capisce perché si limita a tre categorie (militari, funzionari e professori). Il secondo è il carattere circoscritto del diritto riconosciuto che, stando alle tendenze del Governo, dovrebbe essere legittimato volta per volta con un decreto d’urgenza”. Secondo Di Biagio il problema era stato già segnalato nelle prime settimane di maggio ma alle richieste di rettifica non vi era stata alcuna risposta. “Ora il Governo ammette le sue colpe e ci dice che non c’è tempo, ma un Governo responsabile non dovrebbe usare queste banali scusanti dinanzi al diniego di un diritto legittimo.”, conclude il deputato.

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