PDL, azzeramento coordinatori regionali e più poteri su manovra

Una rivoluzione vera e propria quella che si starebbe mettendo in atto nel Popolo della Libertà, dopo la legnata che una settimana fa i suoi elettori gli hanno impartito. A differenza del solito, stavolta nessuno ha voluto minimizzare e soprattutto c’è stata una reazione molto forte, che si sta traducendo su due fronti: riorganizzazione completa del partito; cambio di passo del governo. Le due cose sono molto correlate, perchè malgrado agli elettori non importi nulla o comunque molto poco di come si organizzi il proprio partito, in realtà questo è un aspetto importante, perchè incide sulla capacità del partito di agire sul governo nazionale e non solo. Da qui, la considerazione del neo-segretario Alfano, per cui i coordinatori regionali dovrebbero dimettersi. Un azzeramento, peraltro già previsto dallo statuto, che prevede un paio di passaggi: i coordinatori regionali sono eletti da quelli comunali. Questi ultimi dovranno essere scelti dai congressi locali, che potrebbero avvenire in concomitanza con elezioni primarie, per la scelta dei candidati alle segreterie locali. Quindi, è la fine delle nomine dall’alto, da Roma. L’inizio di una storia diversa e dal basso, nel PDL.

L’altro capitolo, ancora di maggiore importanza, riguarda, invece, l’azione del governo. Berlusconi e Alfano vogliono mettere fine all’era del PDL non coinvolto sulle scelte del governo, soprattutto dell’economia. Fino ad oggi, ogni decisione è sempre spettata a Tremonti, il quale ha fatto ciò che ha voluto, non avendo nemmeno la sensibilità di avvisare i colleghi dell’esecutivo sulle tematiche che riguardava i loro dicasteri.

Ciò è stato all’origine di un così forte malcontento, sfociato in polemiche infinite all’interno della maggioranza. Da oggi, cambierebbe la strategia. Prima di varare una manovra, il PDL dovrebbe essere coinvolto e dettare la linea politica sulle scelte da operare in economia. Nessuna volontà di mettere nell’angolo Tremonti, solo che sarebbe ricondotto a fare il ministro, non il padre padrone dell’azione del governo.

Questo dovrebbe non solo frenare il malcontento interno al maggiore partito della maggioranza, ma anche condurre a scelte di politica economica più inclini alla crescita, fermo restando che i saldi di bilancio non potranno di certo cambiare. Insomma, risanamento sì, ma ora il PDL vuole giocare la partita della crescita.

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