Yemen, dimissioni Saleh il 17 luglio

Resta sempre incandescente la situazione nello Yemen, sconvolto da una guerra civile, che vede contrapposti il presidente Saleh, al potere da 33 anni, e movimenti politici e tribali di opposizione, che ne chiedono le dimissioni da almeno quattro mesi, con manifestazioni e proteste, che ad oggi avrebbero provocato almeno 200 morti. Un paio di settimane fa, il presidente Saleh era stato ferito da schegge di una bomba, esplosa all’ingresso del palazzo presidenziale, a pochi metri di distanza da una moschea interna, dove il presidente si trovava, raccolto in preghiera. A causa delle ferite, è stato costretto a raggiungere la capitale saudita, dove è stato sottoposto a un delicato intervento, per la rimozione delle schegge dal viso e dalla cassa toracica. Tuttavia, questa degenza forzata è stata anche l’occasione per i sauditi per fare pressioni su di lui, evitando che si mettesse subito di ritorno nella sua capitale, Sana’a, con il rischio del riacutizzarsi delle tensioni, come più volte in questi giorni hanno minacciato i dissidenti al suo regime.

La mediazione tra le forse dell’Arabia Saudita e il presidente Saleh non è stata semplice, ma alla fine entrambi avrebbero convenuto di ritardare il rientro, che ora è previsto per domani. Ma il ritorno in patria di Saleh è stato preceduto da un comunicato del suo partito, che ha annunciato che il capo di stato si dimetterà il 17 luglio, andando così incontro alle richieste delle opposizioni.

L’Arabia Saudita vorrebbe evitare che lo Yemen diventasse un campo di battaglia per Al Qaida, come già si è intravisto nelle ultime settimane, con importanti conquiste di forze legate all’organizzazione del terrore di un paio di città al sud.

Inoltre, la monarchia di Re Abdullah intende anche sottrarre la questione del conflitto interno alla politica americana, rivendicando il predominio sull’area.

Bisognerà adesso attendere la reazione degli oppositori, che si sono mostrati fino ad oggi sempre molto scettici verso le promesse di Saleh, il quale a più riprese ha sempre annunciato di volere firmare l’accordo che gli viene sottoposto da mesi, senza però farlo mai concretamente.

E per una transizione pacifica si sono espressi ancora una volta gli USA, per voce del sottosegretario di stato, Jeffrey Feltman, che ha anche incontrato il vice-presidente yemenita, Mansour Hadi, che ha gestito il potere, in queste settimane di assenza di Saleh.

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