Berlusconi deciso: via Tremonti, al suo posto Bini Smaghi o Monti

La bufera finanziaria che si è abbattuta sull’Italia non ha fermato la volontà del premier Silvio Berlusconi di sostituire il suo ministro dell’economia, ormai evidente ostacolo a qualsiasi riforma strutturale, come hanno dimostrato i mercati in questi giorni. Sì, perchè se da un lato proprio la speculazione sui nostri titoli di stato e bancari sembra mettere Tremonti in un bunker insespugnabile, in realtà cresce la consapevolezza che sui mercati finanziari non sia arrivata che una bocciatura della linea tremontiana dell’economia, che in tutti questi anni ha impedito la crescita, ostacolando l’approvazione di quelle misure che avrebbero rilanciato il nostro pil e che vanno dalle privatizzazioni e liberalizzazioni dell’economia (piani a costo zero per lo stato) alla riduzione stabile della pressione fiscale, allo sfoltimento della giungla burocratica. Ma come sappiamo, il ministro Tremonti, soprattutto sui primi due punti, non ci sente e non ha mai espresso la seria intenzione di rendere l’economia italiana più libera e meno gravata dal peso oppressivo dello stato. Certo, il rigore è quello che tutti ora chiedono per impedire che la furia della speculazione soggiorni stabilmente sulla nostra penisola, ma il motivo per cui l’Italia è stata avvertita come un anello “debole” della catena europea risiede nella mancanza di crescita, nella lunga fase di stagnazione che la nostra economia vive da quasi venti anni.

E Berlusconi sembra volersela giocare tutta, questa volta, e ieri a colloquio con il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, avrebbe valutato la reazione che si avrebbe a Bruxelles su una sostituzione di Tremonti, prospettando al premier del Lussemburgo la possibilità che il ministero dell’economia vada a un “economista di grande notorietà”.

I nomi che circolano sarebbero due: l’ex commissario europeo ed economista Mario Monti e il banchiere centrale Lorenzo Bini Smaghi. I due nomi avrebbero in comune un dato: entrambi sarebbero per una linea più liberale in economia, aprirebbero a riforme come le privatizzazioni, le liberalizzazioni mai voluto dal “socialista” Tremonti, a una riduzione strutturale delle imposte, con tagli alla spesa pubblica.

E la sostituzione di Tremonti con uno dei due uomini potrebbe persino fungere da rinvigorente per i mercati, che potrebbero puntare su un nuovo ministro dalle vedute più “pro-mercato”, abbandonando la linea fallimentare dello stato controllore, che è costata all’Italia questa infinita stagione di stagnazione.

 

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