Pazza idea, Bossi non comanda più la Lega

Arriva il contrordine al contrordine. Nel giro di 48 ore, il leader del Carroccio, Umberto Bossi, è passato dal sì all’arresto per Alfonso Papa (“penso andrà in galera”), al no all’arresto (“pensiamo quello che è successo a Craxi”), al ritrovato sì. L’ultima occasione per l’ennesima contorsione intellettuale del Senatùr è stata una festa della Lega in provincia di Piacenza, così come in un’altra festa di partito, ma stavolta nel veneziano, aveva espresso il giorno prima i suoi dubbi sulla carcerazione preventiva. Ieri, Bossi è tornato su Papa e ha chiarito che il Carroccio si esprimerà in favore dell’arresto. Dunque niente possibilità che la Lega aggiunga i suoi voti a quelli del PDL. Si va verso una votazione dell’Aula, in cui le speranze per il deputato ex PDL (Papa si è autosospeso dal gruppo alla Camera) di evitare le porte del carcere sono ridottissime.

A questo punto le sue possibilità contro l’arresto sono affidate a qualche deputato delle opposizioni, se si dovesse seguire lo scrutinio segreto. Ma se gli uomini di Bossi dovessero votare compatti per il sì, sarebbero comunque necessarie troppe defezioni nelle opposizioni per garantire un risultato positivo per Papa. Ma la svolta e la contro-svolta di Bossi sono l’epilogo di giorni ad alta tensione dentro la Lega, con la rivolta della base, che non sembra più riconoscersi nel suo leader storico.

Per non parlare della corrente maroniana, che osteggia ormai quasi apertamente la leadership del partito, mettendole i bastoni tra le ruote in ogni occasione di una certa risonanza tra l’opinione pubblica. E quale migliore occasione, se non il voto su un arresto di un componente della Camera? Troppo impopolare la scelta di Bossi di seguire le ragioni della politica o quelle delle carte; la base chiede sangue e sangue dovrà ottenere.

E’ evidente come il Senatùr non guidi più il partito, ma la sua gestione sia di fatto commissariata e seguita come un’ombra dal duo Maroni-Calderoli, che aspirano a sostituirlo al più presto. In fin dei conti, con il caso Papa si è archiviata forse ufficiosamente la stagione ventennale del capo. Fino a solo qualche mese fa, nessuna decisione, anche la più contrastata, sarebbe mai stata messa in discussione. E’ la fine di un’epoca.

 

 

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