Libertà di stampa per la sinistra? Bersani minaccia querele contro giornali

Evviva la libertà di stampa e di espressione, cavalli di battaglia della sinistra post-comunista e manettara, contro i presunti tentativi del premier di zittire parte della stampa dissenziente. Vi ricordate un annuncio di querela del Presidente del Consiglio Berlusconi, quando dopo mesi di articoli del quotidiano “Repubblica” sulle sue presunte frequentazioni con prostitute, il premier sbottò e minacciò le vie legali? Successe il finimondo. I giornalisti della carta stampata scesero in piazza e davanti a Palazzo Chigi in nome della libertà di stampa, della libera espressione. Oggi, il segretario del PD, Pierluigi Bersani, ha minacciato di querelare tutti i quotidiani che si permettano di infangare il suo partito, con accuse e inchieste su presunti malaffari e intrecci sospetti.

Silenzio totale. Nessuno fiata nel mondo del giornalismo, nessuno parla di “anno zero” della democrazia e della libertà. Siamo alle solite.

Non solo la sinistra mediatica conferma il controllo sul mondo dell’informazione che conta, ma quella politica puzza di bruciato già a chilometri di distanza, se è vero che anzichè rispondere sulle varie inchieste in atto che hanno fatto emergere un giro colossale di mazzette e finanziamenti illeciti al PD e ai suoi dirigenti, Bersani si rifugia nel malaffare altrui, chiedendo che si parli della casa di Tremonti e non già della sua. Brutto guaio per i forcaioli, che da venti anni cavalcano ogni tintinnio di manette e gli istinti manettari di parte dell’opinione pubblica. Ma si sa: solo chi le cose non le fa, non deve temere, dice spesso la saggezza delle nonne. E il PD è coinvolto negli affari della casta al pari di tutti gli altri partiti italiani, con la sola differenza di una presunzione di castità assoluta.

Da Serravalle alla Puglia, al contrario, i fatti degli ultimi mesi dimostrano come il partito di Bersani sia implicato quanto meno in vicende da chiarire e il moralismo di chi a Roma chiede un giorno sì e l’altro pure le dimissioni di questo o quel ministro, di questo o quel sottosegretario, in quanto connessi a guai giudiziari, fa a pugni con il sostegno che lo stesso PD di Bersani garantisce ad amministrazioni come quella della Regione Sicilia, il cui governatore è stato sottoposto a indagini per mafia.

 

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