Tempesta contro l’Italia, è sfiducia a Tremonti

Non è bastato l’accordo bipartisan tra Repubblicani e Democratici negli USA, per innalzare il tetto del debito, a rinvigorire i mercati europei e la stessa Wall Street che, complici i dati sulla produzione manifatturiera americana e sul trend economico dell’Eurozona, dopo un’apertura promettente, hanno chiuso tutti in pesante ribasso. Ma lamaglia nera della seduta per l’ennesima volta va all’Italia, che con Piazza Affari segna perdite per il 3,87% e brucia così quasi 15 miliardi di euro in un solo giorno. Ma viene da chiedersi cosa vogliano questi mercati, se è già finito l’incubo default americano, se è già stato previsto un piano di salvataggio per la Grecia, se l’Italia ha varato in tempi record una manovra triennale da 48 miliardi che porterà al pareggio di bilancio nel 2014. La risposta non può essere che una, al netto delle turbolenze che stanno riguardando tutta l’Eurozona: i mercati non hanno fiducia nella linea di politica economica del ministro Tremonti.

E’ vero che gli attacchi speculativi stanno colpendo più l’Italia, nella speranza che essa trascini con sè l’intera area euro, essendo uno stato “too big to fail”, ma è altrettanto realistico pensare che siano venuti al pettine, sebbene con modalità non trasparenti, oltre sette anni di guida economica di Tremonti, che non hanno portato l’Italia da nessuna parte, se non verso una stagnazione infinita.

Oggi i mercati non temono sulla capacità italiana di risanare i conti, quanto sulla prospettiva che il debito possa essere sostenuto nel medio-lungo termine, a causa di una mancanza cronica di crescita, che in Italia si trascina da quasi venti anni. La politica di Tremonti, anche con questa manovra, ha dimostrato tutti i suoi limiti e la sua portata dannosa, aumentando la pressione fiscale anzichè scommettersi per la direzione opposta.

Non esiste uno straccio di liberalizzazione che Tremonti possa vantare nei suoi troppi anni al governo. Questo ministro è un freno allo sviluppo dell’economia.Potrebbero essere racimolate decine di miliardi di euro tramite le privatizzazioni; si pensi alle quote in Enel, Rai, Poste, Ferrovie, etc. Sebbene sarebbero entrate una tantum, in una fase come questa garantirebbero introiti indispensabili per ridurre il ricorso ai mercati, quindi, anche l’esposizione alle turbolenze.

La verità è che Silvio, domani, dovrebbe presentarsi alla Camera, ma dando la buona novella al Parlamento e al Paese di avere cacciato “ad nutum” il suo ministro dell’economia, che si spera non abbia più alcun futuro in politica.

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