Svizzera, polemica su perdite Cassa pensioni e su politiche contro super-franco

La Svizzera è l’esempio di come possa essere coinvolto nelle turbolenze dei mercati anche un’economia apparentemente molto slegata dal contesto internazionale, non essendo nè nell’Eurozona, nè nell’Unione Europea, e malgrado i suoi fondamentali siano molto solidi. E proprio la grande stabilità finanziaria e la floridità dell’economia elvetica sono i fattori che hanno dato vita al denomeno del super-franco, ossia dell’apprezzamento eccessivo della valuta svizzera sul mercato del cambio.

Considerata una valuta-rifugio, in una fase di grandi turbolenze nell’area euro e negli USA, il franco si è apprezzato di circa il 40% in un paio di anni, scatenando la reazione delle imprese esportatrici, che registrano grandi difficoltà a vendere le loro merci all’estero. Il timore di contraccolpi all’economia elvetica hanno spinto la Banca Nationale Svizzera, una decina di giorni fa, ad abbassare i tassi a livello zero, nonchè a prendere in considerazione anche la possibilità di fissare la parità contro l’euro.

Adesso, il sindacato dell’USS denuncia un altro effetto negativo del super-franco, cioè la perdita di 50 miliardi di franchi su 700 della Cassa Pensioni, la quale effettua operazioni in valuta estera (deprezzata contro il franco), solo negli ultimi 20 mesi. La polemica porta acqua al mulino della Lega dei Ticinesi, che da tempo chiedono che la cassa pensionistica svolga solo operazioni nazionali. Smentite, tuttavia, le ipotesi di tagliare le pensioni, abbassamdo il tasso di conversione.

Critiche, invece, all’operato della banca centrale giungono dall’UBS, il cui responsabile per le attività elvetiche denuncia che tali operazioni di breve termine saranno certamente pagate dall’economia nel lungo periodo.

 

 

 

 

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