In Europa manca il diritto di sognare

Queste settimane drammatiche di attacchi speculativi ai titoli di stato europei e alle borse dell’Eurozona ci hanno fatto comprendere in modo pregrante la dimensione continentale e globale in cui viviamo. Ormai i popoli sono destinati a collaborare tra di loro, specie se condividono, come nel nostro caso, una moneta comune e, quindi, una politica monetaria e valutaria comuni. Abbiamo compreso come non è più possibile ragionare in termini puramente nazionali, nel cercare di gestire le difficoltà interne a uno stato e tutto questo da un lato rincuora, perchè fa capire che c’è la possibilità di un aiuto reciproco tra stati formalmente sovrani, ma dall’altro lato sconforta sapere che le stesse istituzioni rappresentative delle volontà popolari abbiano un raggio di azione limitato, in quanto molto potere decisionale è ormai in mano a istituzioni centrali europee, non elette e, ahinoi, prive della legittimità popolare.

In questi giorni, abbiamo forse avuto modo di notare come l’America di Barack Obama stia messa più inguaiata di noi, perchè gode di fondamentali più precari, specie in ambito privato. E, tuttavia, non c’è dubbio che essa avrà una capacità di reazione di gran lungo maggiore della nostra.

Perchè? Perchè chi segue il dibattito interno agli USA trova l’ennesima conferma di come Washington non sia slegata dagli umori popolari. Il dibattito tra la gente, captato dai partiti e dalle loro fazioni, arriva fino alla Casa Bianca e al Congresso e la vita pubblica si vivacizza alla ricerca di opzioni e alternative, che hanno, tuttavia, una legittimità dal basso. In poche parole, negli USA sono gli stessi americani a guidare la costruzione di un nuovo American Dream. Per quanto possa sembrare demagogico e semplicistico affermarlo, il potere di Washington si fonda sul popolo americano e solo così è possibile perseguire una rotta, un destino, un obiettivo comune.

In Europa, il distacco tra le istituzioni europee e i popoli è abissale e persino molto critico. Alimenta uno stato di sfiducia perenne e una frustrazione da non rappresentanza, che è alla base del fallimento della casa comune europea. Se a ciò si aggiunge che l’Europa è ormai soltanto un nucleo verticistico, che si occupa di euro, di debiti e di rapporti tra deficit e pil, si può capire benissimo come siamo distanti dalla volontà di costruire un sogno comune a tutti i popoli.

E’ un grande peccato. Si è sprecata una grossa opportunità storica, riducendola all’adozione di una moneta e di bilanci in comune. Anche questo serve, ma non può essere il fondamento su cui si regge un continente. Non può alimentare alcun sogno e alcuna idealità. Siamo nella fase più arida della storia plurimillenaria del Vecchio Continente.

 

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