Russia dice no a dimissioni di Assad, Mosca contro l’Occidente

L’ultimo episodio notevole di essere attenzionato riguarda gli episodi tragici delle ultime settimane in Siria, con il massacro di centinaia di civili, ad opera del regime di Bashir Assad. Le repressioni stanno imbarazzando la Comunità internazionale, soprattutto l’Occidente, che non può certo permettersi un intervento militare ulteriore, avendo ancora in corso conflitti non risolti, tra gli ultimi, quello in Libia. Ma non si può nemmeno fingere di non vedere quanto stia accadendo, con tutto il caos che ne consegue nella già delicata regione, per gli equilibri geo-politici. La Turchia protesta veemente contro le violenze di Assad, che provocano anche migliaia di profughi ammassati alle sue frontiere. La stessa Arabia Saudita, che certo non è un modello di ispirazione liberal-democratica, ha condannato senza indugio il regime di Damasco, definendo non islamico quanto accade in questi giorni da quelle parti. Nelle ultime 48 ore, la diplomazia europea e americana, non potendo intervenire fisicamente, ha alzato i toni della condanna e da Washington si invita Assad a lasciare il potere, perchè non è più ritenuto credibile.

Un appello sposato anche dall’Europa, ma rispedito al mittente dallo stesso Assad, il quale intervistato alla tv di stato, ha dichiarato che le richieste dell’Occidente non hanno valore e che ritiene di potere gestire ancora la situazione, già in via di miglioramento.

Ma a sostenerlo c’è un amico potente: il Cremlino. La Russia si è schierata contro la richiesta di dimissioni di Assad, giudicando il presidente siriano in grado di potere controllare la situazione nel Paese. Una posizione, quella di Mosca, che da un lato cerca di marcare la propria autonomia dalle cancellerie occidentali, ma dall’altro anche di mantenere il vantaggio logistico sull’area, dato che nella città siriana portuale di Tartus, i russi hanno una loro base. Anche per questa ragione, l’Occidente non può intervenire nell’area. Si troverebbe davanti l’esercito russo, creando una situazione che non sarebbe molto dissimile da quella vissuta nel 1962 nella crisi tra gli USA e Cuba, per via dei missili anti-americani installati sull’isola, con l’aiuto dei sovietici.

E che Mosca abbia intenzione di giocare una partita tutta propria, lo dimostra anche la visita di un paio di settimane fa, con tanto di tappeto rosso, fatta dal presidente della Nord Corea, Kim Jong-il, accolto da Medvedev con tutti gli onori. E pensare che gli USA considerano la Corea del Nord uno “stato canaglia”.

 

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