Il Fairtrade: un commercio diverso del tè

Eccoci ad affrontare la questione del commercio del, gestito da grandi marchi.

Spesso i lavoratori che vivono nelle tenute di tè dipendono dai loro proprietari per i loro bisogni primari come l’assistenza sanitaria, l’alloggio, l’accesso all’acqua e l’istruzione dei loro figli.

La nascita del Fairtrade (commercio equo e solidale) ha contrastato questo vecchio sistema: esso, infatti, permette ai commercianti di acquistare il tè direttamente da piccole cooperative di produttori, rivendendo il prodotto attraverso cataloghi per corrispondenza o speciali reti di punti vendita. I profitti tornano ai produttori per essere reinvestiti nel miglioramento della qualità di vita sotto forma di pensioni, corsi di riformazione, programmi di sviluppo socio-sanitario. In Italia, il Fairtrade garantisce nel suo sito il carattere equosolidale di alcuni marchi di tè. Purtroppo molti tè sono in bustina, ma ci sono anche tè sfusi che andrebbero provati: ad esempio, Touch organic propone una gamma di tè cinesi.

Ma, al di là del sostegno dei piccoli produttori, potrebbe essere un bene supportare questa causa perchè il tè potrebbe risultare anche migliore in diversi casi: spesso sono utilizzate tecniche manuali durante il processo di lavorazione senza uso di pesticidi o sostanze chimiche dannose, la coltivazione è, in molti casi, biologica.

La tecnolgia infatti, in questo campo, ha garantito una maggiore efficienza produttiva nella quantità a scapito della qualità. Inoltre, con la diffusione delle grandi piantagioni, si sono perse nel tempo la tradizione e la manualità: ovvero la magia e il piacere degli antichi mestieri.

Impostazioni privacy