Aumento dell’Iva: la rabbia di Cisl e Uil, beffati dal governo amico

Ecco che escono le prime stime, probabilmente al ribasso, di quanto costerà a tutte le famiglie italiane l’aumento dell’aliquota Iva dal 20 al 21%. Secondo la Cgia di Mestre, che ha redatto le cifre analizzando le diverse disponibilità di spesa dei nuclei familiari di basso o alto tenore di vita, si parla di aumenti annui dai 60 ai 124 euro circa per famiglie con figli a carico, distribuiti proporzionalmente. Sono state analizzate fasce di reddito da un minimo di 15.000 euro annui ad un massimo di 55.000, e per ognuna è stato calcolato quanto inciderà l’aumento in tre situazioni, rispettivamente quelle di contribuenti senza figli o altri familiari a carico, delle famiglie con un solo figlio a carico e famiglie con un coniuge e altri due figli a carico.

Per i redditi bassi, da 15.000 euro annui, si va da un aumento di spesa di circa 38 euro senza familiari a carico, ai circa 65 euro in presenza del coniuge e due figli, mentre per i redditi di 30.000 euro si passa ad una forbice di aumento di circa 58-78 euro. L’ultima fascia, la più alta dello studio, e cioè quella sui 55.000 euro, arriva a cifre ancora superiori, passando da un minimo di circa 100 euro senza familiari a carico ad un massimo di circa 123 euro annui con il coniuge e i due figli.

Nonostante tutto, Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, parla di “un aggravio sui bilanci delle famiglie tutto sommato abbastanza contenuto” e si dice ottimista su di un effetto “non particolarmente pesante” sui prezzi e quindi sull’aumento dell’inflazione. Il provvedimento viene definito ormai una sorta di “male minore” in mancanza di valide alternative, visto lo stato di vera e propria emergenza alla quale si è giunti. Sarà, ma come i consumatori hanno ormai appreso a loro spese, non sempre la reazione a catena di costi ed aumenti è controllabile e soprattutto, contenibile. Questa misura è quindi di fatto la vera “mano nelle tasche” degli italiani, di tutti gli italiani indistintamente, non solo di quelli con redditi alti che hanno visto nascere degli inediti “difensori” tra le fila della maggioranza, personaggi che alla fine hanno avuto più ascendente su Silvio Berlusconi di tutte le altre controparti schierate a difesa dei più deboli. Starà masticando sicuramente amaro la Lega Nord, che fino all’ultimo aveva resuscitato il “celodurismo” in difesa dei pensionati, e che per il momento non rilascia dichiarazioni, ma soprattutto sono spiazzati Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, fino a ieri impegnati a tempo pieno in dichiarazioni anti-Cgil, anti-Camusso ed anti-sciopero, e già travolti da una partecipazione alla manifestazione superiore alle aspettative, con la spina nel fianco di Fim e Uilm che non hanno approvato la posizione sull’articolo 8, ed oggi infine costretti a subire la doccia fredda dal governo che, forse, ritenevano “amico”.

“Siamo contrari sia all’aumento dell’eta’ pensionabile per le donne, sia all’aumento dell’Iva” dicono all’unisono i due Segretari Generali, e denunciano che entrambe le misure avranno gravi ripercussioni su fasce sociali che, tutto sommato, fino a ieri non sarebbero state particolarmente bersagliate dalla manovra economica. Bonanni suggerisce la sua alternativa, a suo dire un intervento “equo e condiviso socialmente” e cioè una patrimoniale, preservando il diritto alla prima casa, un ripristino del contributo di solidarieta’ “a partire da chi non ha la ritenuta alla fonte” per la logica da molti espressa ma da pochi messa in pratica del “far pagare di piu’ chi guadagna e possiede di piu'”.

Ma vien da dire che siamo fuori tempo massimo, invece che attaccare la Cgil sarebbe stato meglio non abbassare la guardia e farsi dare per scontati dal governo. Ora ai due vertici sindacali va solo fatto notare di aver fatto un gran brutta figura, aver sbagliato i conti, e si può solo consigliare una sana autocritica.

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