Settimane infuocate dentro al PDL, con l’accendersi delle polemiche tra le varie anime del partito, frutto non solo di divisioni di tipo programmatico, quanto e soprattutto personalistiche. E a dare fuoco alle polveri contro la manovra finanziaria appena approvata dal Senato è stato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il quale ha vivacemente protestato contro i tagli agli enti locali, considerati eccessivi e ingiusti, così come ha fatto, d’altra parte, anche il governatore lombardo Roberto Formigoni. Ma c’è una differenza tra un Formigoni e un Alemanno. Il primo ha sempre fatto i conti con ciò che ha trovato in cassa, anzi, le risorse che la Lombardia ogni anno ottiene dallo stato centrale sono di gran lunga inferiore al gettito fiscale che i cittadini lumbard versano a Roma.
Alemanno, invece, dimentica di essere stato graziato, insieme alla città di Catania, esattamente tre estati fa, con i soldi di tutti i cittadini italiani, alla faccia sia dell’equità che dell’efficienza amministrativa.
Era il luglio del 2008, Berlusconi era tornato al governo da un paio di mesi. Alemanno aveva vinto straordinariamente a sorpresa le elezioni a sindaco di Roma, contro l’allora candidato del PD e dell’intero centrosinistra, Francesco Rutelli. Appena eletto, si trovò una voragine nei conti pubblici, ereditata da decenni di amministrazioni di sinistra, con Rutelli prima e Veltroni dopo. Alemanno, forte della vittoria trionfale e del tutto inattesa, battè cassa e Re Silvio dovette elargire qualcosa come 560 milioni di euro. L’opposizione della Lega fu inesistente e si limitò a un comunicato formale di condanna. La stessa regalìa attese Catania, che dopo sette anni di amministrazione Scapagnini, di centrodestra, era ed è ancora sull’orlo della bancarotta. Anche per la città etnea si trovò il modo di sganciare 140 milioni di euro, che evitarono il tracollo finanziario.
Dunque, torniamo ai tagli. E’ senz’altro vero che tagliare indiscriminatamente a Comuni e Regioni, senza distinguere tra realtà virtuose e meno virtuose è sbagliato. Ma in una fase di emergenza, tutti siamo chiamati a fare sacrifici e tutti gli enti locali devono trovare il modo di stringere la cinghia. Ora, nel caso di Roma, non siamo di fronte a un ente virtuoso e Alemanno non ha responsabilità, se non per le gestioni degli ultimi tre esercizi. Il buco non lo ha creato lui, ma possiamo affermare senza essere smentiti che i 560 milioni che il governo gli ha gentilmente concesso lo hanno di molto facilitato nell’amministrazione di una città, che altrimenti avrebbe dovuto forse portare i libri in tribunale. Non lo scordi Alemanno, protesti anche per il fatto che a pagare i buchi dei comuni spreconi ci debbano pensare le tasche di tutti gli italiani.