La Saab chiede aiuto al governo svedese. Aspettando i cinesi…

Aspettando i nuovi partner cinesi per il rilancio della casa automobilistica svedese, la Saab prende tempo e chiede aiuto allo Stato  per proteggersi dai creditori.

 La casa automobilistica svedese ha infatti richiesto al governo svedese il regime di riorganizzazione volontaria, un procedimento previsto dalla legislazione svedese, assimilabile (ma non del tutto uguale) alla nostra amministrazione controllata. Nessun fallimento, nessuna bancarotta, precisa la Saab in una nota: si tratterebbe, invece, “della facoltà concessa dalla legislazione svedese per fare in modo di consentire ad un’azienda che ha concluso contratti importanti e che necessitano di un benestare di tipo politico per la loro attuazione, di avere il tempo per ottenere questa approvazione”. 

A dare la notizia è l’amministratore delegato di Saab, Victor Muller, che ha dichiarato: “Gli ultimi quattro mesi sono stati caratterizzati da una forte turbolenza. Nonostante questo, siamo riusciti a trovare nuovi capitali per circa 125 milioni di euro e altri fondi con cui integrare le risorse del gruppo. Naturalmente, non è stato sufficiente”.

Insomma, con la riorganizzazione volontaria che generalmente  ha una durata di tre mesi e può essere estesa fino a un massimo di un anno, Saab prende tempo verso i creditori. Primi tra tutti i lavoratori e poi i fornitori. Ammonterebbe infatti a 150 milioni di euro il debito della casa svedese. Intanto cresce l’attesa per l’arrivo dei cinesi che porterebbero nelle casse della  Saab circa 250 milioni di euro. L’acquisto da parte della Pang Da e della Zhejiang Youngman di una quota complessiva del 53,9% della Saab è subordinata al via libera delle autorità di Pechino.

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