Vergognosa casta, sconti a tagli per Napolitano e giudici della Consulta

Il Senato della Repubblica ha dato ennesima dimostrazione di essere parte della casta politica inviolabile di cui si parla da anni, ma senza che la rabbia popolare possa in alcun modo scalfire la volontà granitica dei parlamentari di conservare i propri privilegi. E così, ancora una volta, nessuna speranza. Palazzo Madama ha risparmiato la presidenza della repubblica e la Corte Costituzionale dai tagli in manovra, come il super-contributo di solidarietà, che era stato inizialmente previsto in misura a quanto previsto per i cittadini. Si prevedeva un taglio del 10% per i redditi sopra i 90 mila euro e del 20% sopra i 150 mila euro. Dovremmo accontentarci di uno sconto parziale e mettiamoci il cuore in pace: sono stati tutti d’accordo.

Non ha protestato neanche il legalitario-giustizialista Di Pietro, che quando si tratta di proteggere gli amici giudici, non ha mai fatto mancare il suo appoggio. Ma lo sconto, rispetto a quanto era stato previsto dal governo, se lo sono fatti anche i parlamentari stessi.

Volevate, infatti, che mentre si dava un regalino ad altri organi costituzionali non ci fosse tempo e modo per pensare un pò a se stessi? E con prontezza di riflesso, si è tagliata la norma che prevedeva di tagliare del 50% le indennità di parlamentare, nel caso in cui si svolgano lavori privati, la cui retribuzione è almeno del 15% di quella percepita come parlamentare. Troppo dura la legge, così non si campa, avranno eccepito gli onorevoli e i senatori della Patria. E allora taglio ai tagli. La riduzione delle indennità resta (mannaggia, questa maledetta opinione pubblica!), ma sarà del 20% per i redditi sopra i 90 mila euro e del 40% sopra i 150 mila euro. 

A conti fatti, saranno una trentina le personalità politiche, tra Camera e Senato, che dovranno “sacrificarsi”, rinunciando davvero a qualcosina, dato che tanti sono coloro che dichiarano di avere un reddito di almeno 150 mila euro all’anno (vergogna nella vergogna).

E intanto oggi il Consiglio dei ministro vara il ddl per far approvare la riforma in Costituzione per l’abrogazione di tutte le province. Per ridurre il numero dei parlamentari, ci si dovrà affidare a un ddl presentato al Senato. Permettiamoci pure di sprofondare nel pessimismo, perchè sarebbe da facili profeti prevedere che a fine legislatura ci saranno ancora sia le province che tutti e 951 tra deputati e senatori (a vita, compresi).

 

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