Imprese agricole italiane oppresse dalla burocrazia

Il rapporto degli agricoltori con le Amministrazioni Pubbliche in Italia è non solo difficile, ma anche costoso. A rilevarlo è la Cia, Confederazione Italiana Agricoltori, la quale ha sottolineato a Torino, nel corso della Festa nazionale dell’agricoltura, come le PMI agricole ogni mese debbano impiegare ben otto giorni per riempire moduli e carte, e come si spendano ben due euro per ogni ora di lavoro per gli adempimenti e soprattutto per i ritardi. Complessivamente per l’agricoltura italiana, un settore primario e fondamentale, anche perché anticiclico, il costo annuo della burocrazia viene valutato in complessivi tre miliardi di euro a fronte di palesi difficoltà legate al ricambio generazionale; per tutta una serie di ragioni, comprese quelle legate alle pastoie burocratiche, infatti, in Italia per un giovane agricoltore avviare un’impresa è sempre più difficile.

Il tutto nonostante basterebbe poco per abbattere tali oneri; la Cia infatti ritiene che con un abbattimento del 25% del carico burocratico a carico sulle imprese queste ultime risparmierebbero annualmente la bellezza di quasi 31 miliardi di euro, che corrispondono all’1,7% del prodotto interno lordo nazionale. Insomma, trattasi di ingenti risorse che potrebbero essere spese per gli investimenti, per lo sviluppo e la ricerca con conseguenti ricadute positive anche sull’occupazione.

Ed invece ad oggi un’impresa agricola italiana spende 600 euro al mese per la burocrazia, corrispondenti a 7.200 euro l’anno, per quella che la Confederazione Italiana Agricoltori bolla in tutto e per tutto come un “divoratore di risorse” in una fase come quella attuale caratterizzata, per chi gestisce un’impresa, da difficoltà di ogni tipo.

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