OCSE certifica stagnazione USA e Eurozona

Gli ultimi dati resi pubblici dall’OCSE indicano che i timori di una nuova ondata recessiva siano almeno giustificati. Le previsioni non parlano di un calo del pil su base tendenziale (ricordiamo che si definisce tecnicamente recessione, quando il pil di uno stato diminuisce per almeno due trimestri consecutivi), quanto di una fortissima riduzione della crescita, che su base annua dovrebbe attestarsi intorno all’1% nei prossimi mesi, per le economie del G7.

Ma il dato clamoroso è che ci saranno dei segni negativi per la locomotiva europea, ossia la Germania. Se l’Italia potrebbe, infatti, ottenere un tasso di crescita di -0,1% nel terzo trimestre, nel quarto trimestre la Germania decrescerebbe addirittura dell’1,4%. Certo, la macchina produttiva tedesca rimarrebbe di gran lunga la migliore, in termini di performance nel 2011, se è vero che potrebbe chiudere l’anno con un pil a +2,9%, contro un anemico +0,7% dell’Italia e un modestissimo +1,4% degli USA.

Tuttavia, preoccupa il trend, che non è affatto positivo. Si parla, negli ambienti economici, del rischio della “trappola giapponese”. Il Paese del Sol Levante non cresce da venti anni, malgrado stimoli enormi di politica fiscale, che hanno portato il bilancio pubblico ad essere oberato da un debito del 204% del pil.

In Europa, non saranno certo le misure fiscali a potere stimolare la domanda interna, dato che non si sarebbero più margini, se non per qualche Paese nordeuropeo. Per questo, è necessario che vengano individuate quelle misure necessarie a fare ripartire la crescita in modo strutturale. Non si può, ad esempio, pensare di attirare capitali, quando l’Eurozona vanta tra i record peggiori di pressione fiscale sui redditi da lavoro e di impresa. Ma per tagliare le imposte servono riduzioni serie della spesa pubblica. Un compromesso, che gli stati europei non hanno voluto da decenni e che oggi pagano amaramente.

 

 

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