Analisti S&P: no rischio default per Italia, mancato consenso trasversale su risanamento

Il day after del “downgrade” di Standard & Poor’s è tutto da analizzare e da chiarire, dopo le reazioni anche un pò isteriche di ieri alla notizia del declassamento. Oggi, due analisti dell’agenzia, Kraemer e Zhang, hanno chiarito il senso di quanto accaduto due sere fa. Il taglio del rating non è stato frutto della convinzione che l’Italia sia a maggiore rischio default, quanto della previsione di un aumento dei costi di finanziamento sul mercato, a causa delle turbolenze finanziarie e delle prospettive deboli italiane e non.

In sostanza, a determinare la batosta di S&P è stata la previsione di costi maggiori per indebitarsi, che l’Italia dovrebbe affrontare, unitamente alla prospettiva di una crescita debole, che non permetterebbe all’Italia nè un celere risanamento, nè un alleggerimento del peso dell’altissimo debito.

Ma l’analisi più clamorosa riguarda lo scenario, per così dire, “politico”. I due economisti, infatti, bacchettano il governo, a causa delle debolezza politica dimostrata, nonchè per la mancata adozione di un piano per la crescita, le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Ma il giudizio più forte è quello verso le opposizioni. Dicono Kraemer e Zhang, che a pesare sul declassamento del rating italiano è stata la mancata condivisione “trasversale” delle misure di risanamento adottate dal governo, contrariamente a quanto avvenuto in Spagna.

Questo avrebbe reso la manovra italiana più debole, agli occhi di chi ci guarda dall’estero (ricordiamoci che al più tardi si voterà nel 2013). Altro che batosta per il governo, le dichiarazioni degli esperti di S&P rappresentano una bocciatura sia dell’inazione della maggioranza sul fronte della crescita e delle misure strutturali di risanamento, sia dell’isteria dell’opposizione, in preda alla sindrome del “no” a tutto.

 

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