Sembra che il regista russo Aleksandr Sokurov, premiato con il Leone d’Oro al Festival di Venezia per la sua rivisitazione cinematografica della più immortale opera della letteratura tedesca, il “Faust” di Goethe, non abbia ricevuto la stessa calda accoglienza in casa: l’ultima fatica del direttore di “Arca Russa” (2002) è stata in effetti esclusa dal ventaglio dei possibili titoli che la Russia manderà ai prossimi Academy Awards. A partecipare agli Oscar 2012 sarà invece il terzo episodio della saga de “Il Sole Ingannatore“, “Cittadella (Burnt By the Sun 2: Citadel)” di Nikita Mikhalkov.
La scelta, causa immediata di un’ondata di disappunto e di polemiche, sembra purtroppo il risultato poco casuale di una serie di conti e posizioni di potere. La storia ha inizio un po’ di tempo fa: Mikhalkov in effetti si è già trovato, in passato, al centro del mirino a causa del fin troppo generoso finanziamento, ricevuto direttamente dalle casse statali russe, destinato alla realizzazione degli ultimi due episodi della trilogia. Ben 60 milioni di dollari che diedero alla luce “Exodus“, presentato al Festival di Cannes 2010 tra l’imbarazzo generale, e “Cittadella”, già penalizzato dal suo milione e mezzo di incasso in un mese. Anni luce lontani, insomma, dal primo episodio della serie, “Il Sole Ingannatore”, vincitore del Gran Prix al Festival di Cannes 1994 e del Premio Oscar come miglior film straniero nel 1995.
Ma non è tutto. Qualche anno fa Mikhalkov ha ricevuto l’inaspettato onore di diventare Presidente dell’Unione dei Cineasti Russi, venendo così ad occupare un ruolo molto discusso. Il fatto terminò in una lettera di protesta, che contestava anche la sua gestione autoritaria, firmata da 90 registi, tra cui proprio Aleksandr Sokurov, affiancato tra gli altri da Aleksej Gherman e Otar Ioseliani.
La commissione chiamata a decidere era costituita quest’anno da 8 esponenti, e in 5 hanno votato a favore del terzo atto di Nikita Mikhalkov. Tra le opere in concorso, oltre al “Faust” di Sokurov, anche “Elena” di Andrei Zviagintsev, Premio Speciale della giuria all’ultima edizione del Festival di Cannes.
A contestare la decisione è stato il presidente della commissione Vladimir Menshov che non solo si è rifiutato di apporre la sua firma in calce al documento, ma si è espresso pubblicamente in proposito: “Tutto dipende dal potere personale di Mikhalkov. Ancora una volta la commissione russa per gli Oscar ha preferito il clientelismo al buon senso”, ha denunciato apertamente. “Mikhalkov ha candidato il suo film sapendo che avrebbe vinto, perché nella commissione ci sono suoi subordinati”, ha continuato in un’intervista rilasciata a Radio Eco di Mosca.
Con l’estremo disappunto del caso, ricordiamo brevemente anche i candidati principali degli altri paesi: “Una separazione” di Farhadi (Iran), “Miracolo a Le Havre” di Kaurismäki (Finlandia), “Attenberg” della Tsangari (Grecia), “Where Do We Go Now?” della Labaki (Libano), “The Turin House” di Tarr (Ungheria), “Pina 3D” di Wenders (Germania), “As If I Am Not There” di Juanita Wilson (Irlanda), “La guerre est déclarée” di Valérie Donzelli (Francia).