Grecia, non si sbloccano aiuti a Bruxelles. Rischio Portogallo

Ieri, il Consiglio Ecofin in Lussemburgo non è stato ancora una volta risolutivo della situazione greca, a causa sia di dissidi tra i ministri finanziari dell’Eurozona, sia per l’aggravarsi dei conti ad Atene, che ha ufficializzato il mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio per quest’anno e l’anno prossimo. Parlando a chiare lettere, a Bruxelles si discute se sia ancora conveniente continuare ad aiutare la Grecia con soldi dei singoli stati, dato il serio rischio che questa non sia poi in grado di restituirli.

Ma il caso Dexia, la banca franco-belga, che ieri ha perso oltre il 20%, dopo un crollo del 10% nella seduta precedente, è solo un esempio di quello che potrebbe accadere sul sistema bancario e finanziario europeo, nel caso di default ellenico, data la vasta esposizione di molte banche continentali, a partire da quelle francesi e tedesche.

Ieri, anche il governatore americano della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha esortato i governi europei a fare di tutto per continuare a salvare Atene, perchè, ha aggiunto, nel caso di una bancarotta, le ripercussioni sulle banche americane sarebbero molto pesanti, per quanto la loro esposizione ai bond ellenici sia contenuta.

E per un Paese che rischia di non salvarsi, un altro, il Portogallo, potrebbe seguire la scia di Atene. L’economia lusitana è ufficialmente in recessione, dopo avere registrato un calo del pil per due trimestri consecutivi (-0,5% e -0,9%, rispettivamente). Questo sta rendendo più complicato il raggiungimento degli obiettivi fiscali, con un trend del deficit intorno all’8% del pil, contro un target previsto per il 2011 del 5,5%.

Per questo, il premier di Lisbona, in carica dal mese di giugno, Pedro Passos Coelho, ha dichiarato che il Portogallo potrebbe fare la fine della Grecia, qualora accadesse qualcosa di molto grave in quest’ultimo stato. Un modo anche per fare pressione sulla troika, al fine di consentire lo sblocco della terza tranche di aiuti prevista.

 

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