Grecia, sciopero dipendenti pubblici tra scontri e aria di referendum

Ieri, in Grecia, è stata un’altra giornata di caos. Atene è stata invasa da almeno 20 mila lavoratori del settore pubblico, anche se il sindacato Adedy parla di 40 mila manifestanti. Ma a scioperare era anche l’altro sindacato, Gsee, del settore privato, dato che hanno incrociato le braccia anche i controllori di volo, per la prima volta quest’anno e sono state chiuse scuole, le ferrovie hanno funzionato ai minimi termini e gli stessi ospedali si sono limitati agli interventi d’urgenza. Una Grecia bloccata, dunque, ancora una volta sulla scia della protesta contro la politica di austerità del governo Papandreou, necessaria per incassare i nuovi aiuti da parte della troika ed evitare cos’ il default. Eppure, gli striscioni ieri erano molto eloquenti: “Cancellate il debito” era la scritta di alcuni, che rimarca come tra l’opinione pubblica molti vogliano che il Paese vada in default, per non potere pagare più il conto salatissimo di questa immensa tragedia greca. Piazza Syntagma è stata presa d’assalto dai manifestanti e sono scoppiati alcuni scontri con la polizia, la quale è stata costretta al lancio di lacrimogeni.

Si protesta, in particolare, contro il licenziamento di 30 mila dipendenti pubblici, che verranno messi in mobilità per un anno a stipendio ridotto al 60%. Ci sono poi tagli del 20% agli stipendi e la richiesta della troika di abbassare i minimi salariali della contrattazione collettiva, al fine di favorire l’occupazione e la ripresa. Il tasso dei senza lavoro è, infatti, cresciuto già oltre il 16%. Secondo Adedy, il risanamento starebbe avvenendo “uccidendo i lavoratori”.

La tensione è così forte nel Paese che il ministro degli interni ha addirittura avanzato la proposta di un referendum sulle misure adottate dal governo. Un modo come un altro per scaricare sulla popolazione la voglia di non assumersi alcuna responsabilità.

Proprio ieri giungevano i dati rivisti del 2008, anno di inizio della crisi, ma che la Grecia ancora vedeva in positivo nelle statistiche, con un aumento del pil dell’1%. Il calo, invece, c’era stato, sebbene contenuto, dello 0,2%. L’ennesima dimostrazione di una mentalità che ha portato i governi di destra e di sinistra a truccare spudoratamente la contabilità pubblica per almeno dieci anni.

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