La lettera di Berlusconi: riforma del lavoro, pensioni, patrimonio pubblico e mobilità territoriale

La lettera di Berlusconi è arrivata a Bruxelles: i contenuti confermano le prese di posizioni di questo Governo e cioè la volontà di agire sui lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, senza intervenire sui patrimoni e/o i lavoratori autonomi. Le pensioni di anzianità, come voleva Bossi, non sono state toccate, per quelle di vecchiaia dal 2026 si dovrà aspettare di raggiungere quota 67 anni. Gongola l’Ue, quando però in Francia si va in pensione a 62 anni ed in Germania a 65. Entro il 30 novembre 2011 il Governo definirà un piano di dismissioni e valorizzazioni del patrimonio pubblico tale da prevedere almeno 5 miliardi di proventi all’anno nel prossimo triennio; verranno inoltre privatizzate molte aziende pubbliche locali, a cominciare da quelle del settore dei trasporti e dei servizi al cittadino, per aumentare la concorrenza e la competitività dei servizi nel rapporto qualità/prezzo.

Il tema caldo era sicuramente quello del lavoro e, come si diceva, il Governo anche questa volta ha fatto una scelta netta che difficilmente, almeno nel breve, porterà dei benefici alle classi più deboli. L’Ue chiedeva la liberalizzazione dell’accesso alle professioni ordinistiche italiane, ma dopo la rivolta estiva, Berlusconi non ha neanche pensato di riprovarci, mentre in tema di lavoro dipendente ha voluto fare il bravo scolaretto rispetto ai compiti affidagli dall’Unione, auspicando entro Maggio 2012 nel settore privato una prosecuzione della riforma del lavoro che porti alla libertà di licenziare personale a tempo indeterminato, anche senza giusta causa, se l’azienda in questione si trova in uno stato di crisi. Nel settore pubblico, organi con personale in esubero proporranno ai dipendenti la mobilità anche territoriale che, se rifiutata, porterà dopo due anni al licenziamento.

L’Ue chiedeva maggiore flessibilità del mercato del lavoro, ma anche ammortizzatori sociali sullo stile danese (chi viene licenziato lassù prende per 4 anni l’80-90% del proprio stipendio), di quest’ultimi però neanche l’ombra di un accenno nella lettera. Ci sono anche proponimenti più equi, come quello che prevede norme più stringenti per i contratti para-subordinati: chi verrà impiegato con regole da lavoratore dipendente, non potrà vedersi applicati contratti a progetto o di collaborazione. Quindi più assunti “in regola”, ma senza ostacoli ai licenziamenti in caso di crisi. Forti incentivi per l’assunzione di giovani disoccupati e di donne. I contratti di apprendistato costeranno inoltre pochissimo ai datori di lavoro. Ed ancora snellimento della burocrazia, conferma del pareggio di bilancio entro il 2013  (con la possibilità di approvare nuove misure di austerity, qualora fosse necessario).

Tutti impegni ufficiali, ma senza nulla di tangibile ovviamente per ora, perchè considerando la fragilità dell’Escutivo e della Maggioranza di questi tempi (anche ieri andata sotto sia alla Camera che al Senato), è difficile andare oltre a dei proponimenti formali per il prossimo futuro.

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