Borsino della crisi, sale Dini e scende Monti

Oggi il premier Berlusconi rassegnerà le dimissioni da capo del governo e a quel punto si aprirà ufficialmente il valzer del toto-premier, che nelle ultime ore sembra sempre meno scontato. Se Mario Monti resta sempre uno dei favoritissimi per la guida del nuovo governo, la novità è che, appunto, non è l’unico papabile. A dare la svolta sono le tensioni politiche nella maggioranza, con molti deputati tra il PDL che non vorrebbero Monti nuovo premier, non per la sua persona, quanto per il fatto che rappresenterebbe una maggioranza tecnica, aperta anche al PD. Per questo, gli ex An, Ignazio La Russa in testa, oltre che altri big del PDL, premerebbero per Lamberto Dini premier. Egli potrebbe godere dell’appoggio non solo del PDL (è un senatore azzurro!), ma anche della Lega e dell’UDC. A conti fatti, si mormora, Dini potrebbe contare su una maggioranza almeno di 325 deputati, attirando i “malpancisti”, mentre Monti non avrebbe una maggioranza, data l’opposizione di Lega, Idv e quasi tutto il PDL, con soli 25 deputati azzurri a votarlo. Per non parlare del fatto che Berlusconi ancora ha una maggioranza intatta al Senato, dove Monti non potrebbe godere nemmeno dell’appoggio dell’UDC, che a Palazzo Madama ha solo un paio di senatori.

Quindi, Dini sale molto nelle quotazioni e Monti scende, anche se non crolla. E’ noto come il Quirinale preferirebbe quest’ultima soluzione, che coinvolgerebbe tutte le opposizioni. Ma dopo un primo accenno di rassegnazione, il premier uscente avrebbe preso atto della sua forza politica, che se non è più maggioritaria alla Camera, per lo meno è determinante.

Oltre tutto, lo scenario migliore per il Cavaliere sarebbe quello di un governo Dini, magari con personalità tecnico-politiche. Solo con Dini la maggioranza resterebbe la stessa, magari allargata all’UDC, si perpetuerebbe l’alleanza con la Lega e si costituirebbe un asse con i centristi, in previsione delle elezioni del 2013, che a quel punto potrebbero essere anche vinte. L’ipotesi Monti, al contrario, rischia di compromettere tutto, alleanza compresa, consegnando l’esecutivo ai compagni del PD.

Nulla è ancora certo, tutto si giocherà nelle prossime 36 ore. Lunedì mattina, infatti, il quadro dovrebbe essere molto più chiaro e già potrebbe esserci un incarico a uno dei due nomi in lizza. L’ipotesi Alfano è solo teorica. Egli resta il candidato premier per le prossime elezioni, non già per un esecutivo di stile emergenziale e forse dal respiro corto.

 

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