La Commissione di vigilanza sulle società quotate in borsa ha prorogato fino alla metà del gennaio 2012 il divieto di vendere titoli allo scoperto, ossia senza averli del tutto in portafoglio (vendita “naked”) o avendo il titolo in prestito. Il fondamento di tale proroga risiede nell’estrema volatilità che anche nelle ultime sedute i titoli, soprattutto bancari e assicurativi, stanno dimostrando di avere.
Il divieto si basa sulla convinzione che tale tipologia di vendita sia dettata da speculazioni ribassiste, in quanto gli operatori vendono un titolo che spesso neppure possiedono, nella prospettiva o speranza di riacquistarlo a un prezzo inferiore. Già a luglio, Consob era intervenuta per porre un freno al crollo dei titoli italiani, bond compresi, sotto attacco speculativo, frenando le vendite.
Ma la questione è tutt’altro che di rilevanza solo nazionale, visto che anche la Commissione Europea lo scorso 18 ottobre ha regolamentato questo tipo di vendita, con forti limitazioni, che avranno effetto anche in Paesi tradizionalmente molto liberali in economia, come la Gran Bretagna.
La regolamentazione europea prevede una differenziazione di norme tra azioni, obbligazioni e bond governativi. Lo scopo è sempre quello di evitare che siano consentite vendite, senza il possesso del titolo, ma prevedendo solo la possibilità che la vendita possa avvenire a determinate condizioni, se il titolo risulta quanto meno essere in prestito.
Ad oggi, quindi, in Italia resta in vigore quanto stabilito dalla Consob a luglio, ossia l’obbligo di comunicare le posizioni corte, che fossero il frutto di vendite allo scoperto “nude” o in prestito (posizioni ricoperte).