Riforma pensioni, via anzianità. Età minima a 63 anni

Non si conoscono ancora i dettagli della probabile riforma delle pensioni, che sarebbe presentata dal neo-ministro al Lavoro, Elsa Fornero. Si sanno, tuttavia, alcuni punti, che dovrebbero essere cardini nell’ennesima (si spera, ultima) riforma del sistema previdenziale.

L’idea sarebbe quella di eliminare del tutto le pensioni di anzianità, che fino a oggi consentono di uscire dal lavoro prima dell’età pensionabile prevista (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne). Si tratterebbe di stabilire un’età minima per tutti, pari a 63 anni con 20 anni di contributi, fissando anche una soglia di flessibilità in uscita.

In sostanza, si avrebbe la possibilità di andare in pensione anche due anni prima di oggi (per gli uomini e le donne del pubblico impiego), a 63 anni, se si hanno almeno 20 anni di contributi. Ma tra i 63 e i 65 anni vi sarebbero disincentivi sulla pensione (taglio dell’importo mensile percepito), mentre oltre i 65 anni e fino a 68-70 anni, la pensione mensile sarebbe accresciuta, tenendo anche conto dei nuovi contributi versati.

Alla fine, dunque, si costruirebbe un sistema flessibile, in cui sulla base di incentivi-disincentivi, sarebbe lo stesso lavoratore a scegliere l’età in cui andare in pensione, nella fascia d’età 63-70 anni.

Un altro punto sarebbe l’abolizione delle finestre, che, ad esempio, a partire dall’1 gennaio 2011, di fatto prolungavano di un altro anno l’età per andare in pensione. Infatti, dal momento in cui si matura il diritto, trascorrono 13 mesi prima di percepire effettivamente la pensione (18 mesi per gli autonomi). Sulla base delle indiscrezioni di questi giorni, tale modalità sarebbe abolita.

 

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