Monti già al capolinea? FT lo boccia e per “Repubblica” è lento

L’esecutivo guidato da Mario Monti è nato sull’onda dell’emergenza, su pressioni fortissime da parte del capo dello stato, la cui figura mai come in queste settimane era intervenuta e stata così determinante nella vita politica e parlamentare. Persino il precedente di Oscar Luigi Scalfaro, nel 1994, all’epoca del ribaltone che condusse Dini a Palazzo Chigi, alla guida di un cosiddetto “governo tecnico”, è da considerarsi un intervento meno “distorsivo” del destino politico del Paese, in quanto di fatto si trattò di un’esperienza partitica, al contrario di quella di oggi, quando un gruppo di tecnici è stato messo al governo e “imposto” ai partiti dal Quirinale. Il sostegno più convinto lo si ha avuto subito da parte del PD e dei centristi, che in un solo colpo si sono sbarazzati di Berlusconi e sono tornati al governo, pur uscendo sconfitti e con le ossa rotte dalle elezioni del 2008.

Il PDL ha dato il suo assenso al nuovo governo, ma turandosi il naso, chiudendo gli occhi e tappandosi bocca e orecchie. Un sì sotto il ricatto dei mercati e sul pericolo della disgregazione di un partito sgangherato. Eloquente è stata la “liberazione” di Alessandra Mussolini, che uscendo dall’Aula dopo il voto di fiducia su Monti, ha gridato ai quattro venti la sua felicità per avergli detto di no, in opposizione all’ordine di scuderia del partito.

Ma neanche a una settimana dall’insediamento con pieni poteri di Monti, il suo governo, se non è ritenuto al capolinea, per lo meno brilla molto meno di prima, persino tra i quotidiani che più hanno tifato per lui. Il circo mediatico di Carlo De Benedetti, con la punta di diamanti dal nome “Repubblica”, pare avere già qualche dubbio sulla capacità del neo-premier di affrontare le sfide enormi che gli si pongono. Dalle colonne del quotidiano, il premier viene giudicato “lento”, invitato a essere più deciso. Il riferimento è alle misure anti-crisi annunciate e non ancora presentate, alla nomina dei sottosegretari, in alto mare per via dell’incapacità del capo del governo di raccordarsi con i partiti. In più, la gaffe di Monti, che prima smentisce di avere incontrato i leader in segreto sulla questione dei sottosegretari, poi conferma, in perfetto stile prima repubblica.

Ma dall’estero, la stampa anti-berlusconiana non è meno dura anche con il nuovo inquilino di Palazzo Chigi. Per il Financial Times, le misure di Monti sono “avvolte nella nebbia”, per nulla chiare. E se a ciò si aggiunge che i mercati credono poco o niente ai suoi presunti miracoli, con lo spread ai massimi degli ultimi giorni del governo Berlusconi, è chiaro come tutto ciò porti a ritenere che il nuovo governo rischia di avere una vita così breve, da trasformare in incubo il sogno di Casini e Bersani. Oggi, centristi a parte, anche nello stesso PD cresce la voglia di nuove elezioni, mentre l’IDV si sente nei fatti all’opposizione, così come il PDL di Berlusconi si è già avviato alla campagna elettorale. Fortissimo nei numeri Monti; ma i numeri non fanno in sè la sostanza che non c’è.

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