Riforma pensioni, tante ipotesi e troppa confusione

La terza riforma previdenziale nel giro di nemmeno cinque mesi è forse un record per qualsiasi Paese e inevitabili sono le polemiche e la confusione che tale attivismo legislativo provocano sui lavoratori, specie quelli a ridosso della pensione.

Una delle ipotesi più sicure dovrebbe riguardare il capitolo delle pensioni di anzianità, per le quali si ipotizza una stretta certa. In pratica, si andrebbe verso l’innalzamento dei 40 anni minimi di contribuzione, per andare in pensione indifferentemente dall’età, con la previsione di 41 anni minimi già dal 2012, per arrivare forse a 43 anni entro 4-5 anni, il che significherebbe, di fatto, l’eliminazione delle anzianità.

Altro capitolo è quello delle donne del settore privato. Oggi, con l’ultima riforma del governo Berlusconi, possono andare in pensione gradualmente dai 60 ai 65 anni, con un percorso di innalzamento graduale dell’età, a partire dal 2014 per finire nel 2026. Tale data ultimativa dovrebbe essere anticipata, ma non si sa ancora se al 2016 o al 2020. Questo ovviamente significa non solo un anticipo dell’innalzamento al 2012, ma anche un’accelerazione dei tempi, con incrementi all’anno molto più cospicui.

Terza ipotesi: il blocco delle rivalutazioni delle pensioni per tutto il 2012. In sostanza, con l’eccezione forse della pensione minima, gli importi superiori non sarebbero adeguati, come avviene ogni anno.

Resta in forse l’impianto base del ministro Elsa Fornero, che prevederebbe la pensione per uomini e donne tra un’età minima di 62-63 anni e una massima di 68-70 anni, con incentivi per chi esce dal lavoro oltre i 65 anni e disincentivi per chi va via prima. In questo caso, anche le lunghe finestre di attesa (13 mesi per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi) sarebbero abolite.

Magra consolazione è l’applicazione anche per i parlamentari del metodo di calcolo contributivo (previsto pro-rata per tutti gli italiani che andranno in pensione dall’1 gennaio 2012), così come il fatto che essi potranno percepire il decorosissimo vitalizio a 65 anni, se hanno alle spalle 10 anni di legislatura o a 60 anni, se ne hanno solo 5 anni.

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