L’effetto Monti? Il divorzio Bersani-Di Pietro

Niente da fare. Neppure un governo tecnico ha messo pace in casa della sinistra. Ora che le pagliacciate a destra sono finite, con buona pace per comici e presunti tali, l’attenzione si sposta inevitabilmente nella coalizione avversa, quella le cui lacerazioni interne erano rimaste in penombra per oltre un anno e mezzo, grazie ai livori quotidianamente sfoggiati tra l’ex premier Berlusconi e il presidente della Camera Fini, da un lato, oltre che per le divisioni tra PDL e Lega. Ma oggi siamo già in un’altra era e di ciò non se ne parla più, quasi non fosse mai accaduto. Al contrario, quello che sta accadendo in queste ore è la palese divisione dei percorsi politici tra Tonino Di Pietro e il PD. Già in occasione del varo del nuovo governo, Bersani aveva implorato l’Idv di votare la fiducia, per dare l’immagine di un centro-sinistra compatto. Suo malgrado, Di Pietro aveva accettato la sfida, ma senza convinzione.

Ma con il varo della manovra “lacrime (non quelle della Fornero!) e sangue (il nostro)”, è troppo chiedere all’ex magistrato, già orfano del populismo anti-berlusconiano, di non approfittare dell’enorme rabbia popolare, che monta visibilmente nel Paese.

E così, ha resistito uno, due giorni, ma non ce l’ha fatta Tonino. Ha evidenziato i punti di non condivisione della manovra e con il governo, tallonato intanto anche sui presunti conflitti di interesse. Alla fine, il padre-padrone-fondatore dell’Idv ne ha avute anche per Bersani, accusato di essere distante dalla povera gente e dal Paese. E Bersani, già dilaniato dallo scontento a sinistra sulla manovra, in evidente stato di alterazione nervosa, lo ha letteralmente mandato a quel Paese, affermando senza tentennamenti che Di Pietro “vada dove vuole”.

Finisce così la farsa di un connubio che durava da quasi un decennio ma caratterizzato da scontri continui, che lasciavano il posto al cessate il fuoco, nel migliore dei casi.

E così, Bersani & Co si ritrovano isolati, con l’Idv che marcia per conto proprio da una parte e la sinistra radicale che non vorrebbe rompere, ma di fatto non può non stracciarsi le vesti dinnanzi a scaloni di 6 anni per la pensione delle donne.

E il governo tecnico seppellì il PD, che non sa che pesci pigliare con pensioni e lavoro, temi su cui non può certo inseguire il PDL o i centristi, dopo un ventennio trascorso sulle barricate.

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