Live: Thurston Moore @ Teatro Comunale di Ferrara

C’è un momento, alla fine del quarto pezzo Orchard Street, in cui il fantasma dei Sonic Youth si materializza sul palco del Teatro Comunale di Ferrara, nel corso del primo concerto italiano in veste solista del loro leader Thurston Moore: improvvisamente le due chitarre acustiche, che fino a quel momento avevano cullato tranquillamente il ritmo dei brani dell’ultimo album Demolished Thoughts, si mettono a sferragliare come impazzite, in una folle competizione con la batteria che incalza.

E’ un effetto simile a quello dei brani migliori del quartetto newyorchese, il cui futuro è incerto dopo la recente separazione tra Moore e la sua compagna di vita e di musica Kim Gordon: una progressione continua verso l’alto in cui l’aumento di volume crea un senso di estasi e sospensione.

Quando si riemerge, dopo una lunga coda di dieci minuti, tutto è cambiato: il concerto, che fino a quel punto era stato scandito dalle ritmiche ipnotiche di In Silver Rain with a Paper Key, Mina Loy e Blood Never Lies, procede sui binari del recupero di sonorità familiari, con molti brani ripescati dal primo album solista di Moore, Psychic Hearts (1995). Con una scelta decisamente inaspettata il gigantesco chitarrista e cantante, ben supportato da un quartetto che comprende chitarra acustica, arpa, violino e batteria, presenta i nuovi arrangiamenti di Queen Bee and Her Pals, Patti Smith Math Scratch e la splendida Psychic Hearts, molto apprezzata da un pubblico che evidentemente ha mandato a memoria anche i progetti paralleli della “gioventù sonica”.

Moore i suoi 53 anni li porta con la consueta leggerezza: sul palco saltella, si prende sempre poco sul serio e in generale da l’impressione di chi si sta divertendo un mondo con i suoi nuovi “giocattoli” acustici. Tra un commento e l’altro, c’è spazio per gli assoli della violinista Samara Lubelski e per una frenetica Circulation, dedicata, chissà perché, a Monica Vitti (“Un angelo”, la definisce il chitarrista).

Nei bis altri recuperi da Psychic Hearts: Ono Soul, abbellita da violino e arpa, e finalmente lo sfogo rock di Pretty Bad, nella quale il suono, pur essendo sorretto solo da strumenti acustici, non ha niente da invidiare alle cavalcate elettriche dei Sonic Youth.

La band scompare di nuovo, per poi tornare sul palco per suonare Feathers e Staring Statues. Il finale è con Moore che urla “STOP!”, facendo fermare l’intera band e scomparendo rapidamente dietro le quinte.

Alla fine quella che rimane è la sensazione di un concerto spezzato a metà, ma comunque suonato ed arrangiato ad altissimi livelli: la band scelta da Moore si è dimostrata all’altezza della situazione, convincendo sia nei lenti pezzi acustici di inizio concerto, sia nel frenetico finale rock. Il chitarrista invece sembra ancora incerto se abbracciare completamente il nuovo sound acustico, oppure rimanere all’interno del canone rumoroso costruito dalla sua band principale. Ma una cosa è certa: entrambi i Thurston visti stasera, il cantautore e il rocker, hanno fatto una splendida impressione.

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