Russia, oggi proteste in 80 piazze contro Putin

Sono iniziate dalle prime ore della mattina le proteste di piazza in tutto il Paese contro i risultati elettorali di domenica scorsa, che hanno decretato il successo di misura del partito del premier Vladimir Putin, Russia Unita. La sua formazione politica ha ottenuto il 49,3% dei consensi, contro il 65% di soli 4 anni fa, raggiungendo solo la maggioranza assoluta dei seggi (238 su 450), ma perdendo quella dei due terzi, necessaria per riformare la Costituzione. Ma non è bastato il tracollo elettorale di Russia Unita per dare soddisfazione del risultato agli oppositori. Forse anche in vista delle presidenziali di marzo, comunisti e nazionalisti cercano di capitalizzare il malcontento nel Paese per cercare di indebolire il più possibile sia Putin che il presidente Dmitri Medvedev.

Per oggi sono state indette più di 80 manifestazioni in tutta la Russia, persino in qualche piazza della sperduta Siberia, all’estremo oriente del Paese. Si sono aperte con Vladivostock le proteste questa mattina, anche se la più grande e temuta da Putin dovrebbe tenersi a Mosca.

Certo, non sono numeri enormi. Nella capitale si attendono circa 30 mila manifestanti, un numero abbastanza striminzito, a maggior ragione se calcolato su una popolazione complessiva di 180 milioni di abitanti. Ma il fatto è che queste cifre non si vedono da decenni in Russia, il che sottolinea la peculiarità del momento e la crisi che il sistema politico centrale sta vivendo per effetto della diffusione di mezzi di informazione non controllabili e censurabili, come internet.

C’è chi nel gruppo di potere di Mosca vorrebbe arrivare anche ad oscurare alcuni siti e social network che sarebbero alla base della rapida comunicazione tra gruppi di oppositori. Ma Putin se la prende con gli USA e l’Occidente, i quali finanzierebbero le proteste tramite alcune associazioni non governative.

La tensione con Washington è alta e i toni sembrano essere tornati alla Guerra Fredda. Tuttavia, il vero problema di Putin sarà la riconquista del larghissimo consenso popolare, di cui godeva fino a poche settimane fa. Sa che dovrà svecchiare il suo modo di fare politica per evitare di fare la fine del sistema mummificato del comunismo sovietico degli anni ’80. Per questo avrebbe già meditato cambi nel nuovo governo e a farne le spese potrebbe essere Medvedev, dato che a scatenare l’indignazione degli elettori sarebbe stato lo scambio di ruoli tra i due, che ha dato l’immagine di un blocco granitico e personalistico di potere.

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