Monti già perde 61 deputati. Governo traballa

La manovra correttiva da 30 miliardi presentata dal governo Monti ieri ha ottenuto la fiducia, con 495 sì, 88 no e 4 astenuti. In serata, la votazione finale è stata sempre in favore del sì alla manovra, con 402 sì. Quello che salta subito agli occhi è che la larghissima maggioranza in favore del governo si è assottigliata di ben 61 deputati in meno di un mese, avendo come riferimento il voto di fiducia di novembre. In particolare, è il PDL il partito più insofferente verso la manovra, avendo ieri registrato ben 26 assenze, in occasione del voto di fiducia, 2 no e 4 astenuti. In sostanza, dentro al partito dell’ex premier, c’è un nocciolo duro e trasversale alle varie anime, che ha votato in aperta opposizione o non si è presentato, rispetto alle indicazioni ufficiali del capogruppo.

E se Monti afferma di “non essere disperato”, rispondendo così a quanto affermato dall’ex premier Berlusconi due sere fa, il suo governo gode già di scarsa salute, a meno di quattro settimane dal battesimo.

Non era indubbia la maggioranza, visto che a votare la fiducia al governo un mese fa erano stati 556 deputati alla Camera, ma il test era proprio sul numero di quanti avrebbero votato la manovra e la loro composizione tra i vari gruppi. Ciò che emerge è uno sfilacciamento, soprattutto a destra, mentre il PD ha votato molto compatto, anche se forse più per paura delle urne che per gradimento delle misure appena varate.

Il discorso di Cicchitto (PDL), in sede di dichiarazione di voto, era un misto tra apprezzamento sulle pensioni (riforma stroncata il giorno precedente da Berlusconi) e perplessità sulle misure fiscali, con stoccate verso la Lega e Tremonti, che avrebbero indebolito il governo Berlusconi con i loro diktat continui.

Sarà abbastanza difficile che il PDL possa continuare a sostenere l’esecutivo senza crepe interne così vistose da trasformarsi in veri scismi. Gennaio sarà uno snodo cruciale per capire chi e come staccherà la spina. Incombe la decisione della Consulta sul referendum elettorale e non c’è alcune intenzione in Parlamento di tornare al Mattarellum.

Per questo, c’è chi guarda alla data del 20 gennaio, quando ci sarà il responso, come a una scadenza limite per la sopravvivenza del governo Monti, anche perchè difficilmente il PD potrebbe sostenerlo nella riforma dell’art.18.

 

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