Referendum a rischio, Consulta divisa

Questa volta non è tutto come prima. I quattro quesiti referendari per l’abrogazione dell’attuale legge elettorale, nota anche come Porcellum, rischiano di non passare il test della Corte Costituzionale, che su questi punti sarebbe divisa e dovrebbe esprimersi la prossima settimana. Al momento, pare che ci sarebbero sei voti favorevoli, cinque contrari e quattro indecisi. Insomma, tutto è possibile: che i quesiti vengano fatti passare o che vengano bocciati. Il timore si chiama “vuoto normativo”. I 15 giudici  ritengono cioè che se l’attuale legge elettorale, buona o cattiva che sia, venisse bocciata dal referendum, allora non ci sarebbero più leggi che regolino la materia elettorale e si rischia di dovere andare al voto nel caos.

Infatti, il principio della “riviviscenza” delle leggi non è considerato automatico, né è unanimemente condiviso. Nel senso che, se il Porcellum fosse abrogato dal referendum, non è detto che automaticamente ci sarebbe il ritorno al Mattarellum, cioè della vecchia legge.

Un vero inghippo per la Consulta, in realtà dilaniata da ben altri interrogativi. I quattro quesiti furono proposti da una raccolta firme del centro-sinistra, soprattutto da Antonio Di Pietro e mezzo PD, che l’estate scorsa smaniava per mandare a casa Berlusconi, sfruttando anche la minaccia referendaria, che avrebbe fatto esplodere la maggioranza, pur di evitare il rischio che la legge attuale fosse bocciata. Ma ora a Palazzo Chigi c’è il governo tecnico, fortemente voluto dagli stessi poteri che mesi fa spinsero per il referendum.

Tutti sanno che Monti rischia di cadere anche domani, se i quattro quesiti passassero il giudizio della Consulta. E i giudici costituzionali non vogliono certo mettersi di traverso al nuovo corso politico, per cui tanti dubbi e interrogativi nascerebbero proprio dalla volontà di “tutelare” il governo Monti.

Il vero tema è proprio questo: rischiare di fare cadere Monti pur di avere una buona legge elettorale o tenersi il Porcellum ma sperare così che Monti resti al governo fino al 2013?

Il ragionamento è semplice, ma complesso allo stesso tempo. Perché i giudici sanno che la pressione del Paese è fortissima e in caso di bocciatura non è fuori luogo ipotizzare che vi possano essere anche movimenti di piazza molto forti, sulla spinta dell’anti-politica, che mettere in forse la tenuta delle istituzioni.

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