Ecco la flessibilità: la Sigma-Tau decisa a mettere 400 persone in mezzo alla strada

In un’Europa che pare voler ostentare una sola parola come panacea di tutti i mali delle nostre economie (flessibilità), assistiamo nel nostro Paese ormai in maniera sempre più frequente a delle vere tragedie professionali. Nello specifico oggi parliamo della Sigma-Tau, una delle realtà farmaceutiche storicamente più importanti in Italia, che ieri ha rotto ogni trattativa sindacale, nel tavolo che il Ministero dello Sviluppo Economico aveva richiesto, per scongiurare le misure brutali che l’azienda già prima di Natale aveva intenzione di prendere nei confronti di molti suoi lavoratori. Nonostante le condizioni economiche non eccessivamente critiche infatti, dopo la morte del Cavaliere del Lavoro, Claudio Cavazza, fondatore storico dell’azienda, che anche recentemente aveva inglobato un’altra società farmaceutica (statunitense) all’interno della Sigma-Tau, la nuova classe dirigente ha subito pensato ad uno “snellimento” del numero delle risorse umane a disposizione, magari chissà, in ottica di una futura vendita dall’azienda.

Nessun tipo di proposta alternativa è stata ascoltata tra quelle provenienti da organi istituzionali o dalle Rsu aziendali, che per tale motivo hanno bloccato subito la produzione, a cominciare da Pomezia, il sito che subirà i principali tagli (200 dei 400 lavoratori totali da mandare in cassa integrazione). Scioperi si preannunciano ad oltranza (169 dei 569 cassaintegrati totali che sembravano dovessero esserci, saranno riallocati invece  in società collegate alla Sigma-Tau, attraverso le quali verranno esternalizzati dei servizi ora in mano alla stessa azienda).

Com’è prassi della nostra testata giornalistica, non ci fermiamo alla superficie dei problemi e vogliamo invitare a riflettere le lettrici ed i lettori sul discorso generale con il quale abbiamo aperto tale articolo. E’ la flessibilità la parolina magica capace di aiutarci a farci uscire dalla crisi, oppure rendere più semplice licenziare, in una situazione economica dove licenziamenti ed ammortizzatori sociali sono già all’ordine del giorno, costituirebbe una scelta gravemente e drammaticamente sbagliata?

Non sarebbe invece indispensabile da parte delle forze politiche ridare vigore alla stabilità professionale ed economica delle persone, prima molla per rilanciare qualsiasi forma di consumi, e quindi la stessa nostra economia nella sua globalità?

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