Riassetto FonSai, dopo Unipol si affaccia anche Palladio

Una vera sorpresa quella che si è avuta ieri, allorquando la società vicentina Palladio Finanziaria ha comunicato alla Consob di avere superato la soglia del 2% del capitale di Fondiaria Sai, oltre la quale scatta l’obbligo di informare l’authority, attestandosi al 2,2558%. Nelle stesse ore, la compagnia assicurativa bolognese delle cooperative, Unipol, teneva un consiglio di amministrazione, in cui si decideva la convocazione di un’assemblea straordinaria per il 19 marzo, in concomitanza con quella già fissata per i soci di FonSai. All’ordine del giorno ci sarà la richiesta degli amministratori di aumentare il capitale di 1,1 miliardi, per dare vita al riassetto delle società dei Ligresti e alla successiva fusione a quattro.

Ora, tuttavia, lo scenario si arricchisce clamorosamente. Se è vero che alcuni analisti hanno intravisto nella comunicazione di Palladio una pura volontà speculativa, con Vicenza pronta a vendere i titoli in suo possesso non appena sarà formalizzata l’operazione di aumento del capitale di FonSai e con annesso rialzo del valore delle azioni, non tutti la pensano allo stesso modo, anzi.

I titoli sinora acquisiti da Palladio valgono una spesa di appena 10 milioni, ma la holding avrebbe a disposizione una disponibilità finanziaria di ben 950 milioni, sufficienti a dare vita a una contro-operazione, rispetto a quella di Unipol. Non a caso il titolo FonSai oggi ha aperto in netto rialzo alle prime battute, scambiandosi a un prezzo superiore al 7% di quello di chiusura di ieri. C’è cioè la sensazione che l’impennata del titolo nelle ultime settimane sia conseguenza di acquisti mirati da parte di alcuni investitori, al fine di rastrellare azioni e poi lanciare un’Opa sulle rimanenti. Ma a questo punto, Palladio potrebbe non essere l’unico soggetto interessato e, anzi, potrebbe avere concertato gli acquisti con altri attori sul mercato. Sta di fatto che ora esso è terzo azionista di FonSai, dopo il 35% di Premafin e il 6,6% di Unicredit.

Il nome che circola in queste ore è quello di Matteo Arpe, a capo di Sator Real Estate, la società che molti avevano ipotizzano e continuano in buona parte a ipotizzare possa gestire gli immobili di Sinergia-Imco, le casseforti dei Ligresti, grazie alla cui valorizzazione potrebbero così essere ripagati i relativi debiti. E Arpe, così come Palladio, si era mostrato interessato all’operazione di riassetto di Premafin-FonSai, ma aveva mollato, quando era ormai palese che Mediobanca e Unicredit, che fanno da regia all’operazione, avessero individuato in Unipol l’unico soggetto su cui fare affidamento.

L’esclusione di tutti i più importanti attori del capitalismo nazionale avrà indispettito non pochi, se è vero che pare concretizzarsi l’ipotesi di un’operazione alternativa a Unipol. Già la scorsa settimana, in audizione al Senato, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, aveva palesato il suo disappunto su alcuni aspetti del piano Unipol, che non coinvolge per nulla i piccoli azionisti e pare mirare solo a beneficiare i Ligresti, la famiglia responsabile del disastro finanziario di Premafin, per dirla con le stesse parole del capo dell’authority.

Lo stesso Vegas aveva anche chiosato che il piano non era affatto concluso, aprendo alla possibilità che altri protagonisti potessero entrare nella vicenda, con offerte alternative e tali da rendere i soci di minoranza partecipi dei benefici. Ed entro la prossima settimana, proprio la Consob sarà chiamata a decidere definitivamente se esentare Unipol dal lanciare l’Opa su Premafin, mentre sulla base di un’interpretazione prevalente tra gli analisti, l’esclusione sembrerebbe certa per la controllata FonSai.

E’ per questo che il titolo ha reagito molto bene alla notizia che Palladio è già al 2,25% e alle indiscrezioni di un presunto interesse di Arpe. A tale proposito, c’è chi sostiene che i rialzi che i titoli della holding hanno mostrato nelle ultime settimane non siano dovuti solo e tanto all’entusiasmo degli investitori per il piano Unipol, ma potrebbero essere frutto di un rastrellamento di azioni sul mercato da parte di soggetti interessati poi a lanciare un’offerta sui titoli rimanenti.

Una voce che gira negli ambienti finanziari, ad esempio, è che lo stesso Arpe avrebbe acquistato pacchetti azionari, conferiti distintamente a hedge fund, ma tali da risultare ognuno al di sotto della soglia di segnalazione obbligatoria, il 2%. Tuttavia, se così fosse, sarebbe una palese violazione delle norme finanziarie e la Consob sta indagando per verificare se tali pacchetti non siano da attribuire allo stesso investitore, che avrebbe così dribblato gli obblighi di comunicazione all’authority.

Ma tale dato, sempre se fosse verificato, sarebbe la dimostrazione lampante di una strategia di controffensiva all’operazione Unipol, che dovrebbe fare i conti con uno o più piani alternativi, a lievitazione dei costi di quello appena esaminato dal cda. E bisogna anche considerare che gli stessi analisti finanziari non sarebbero poi molto convinti dei benefici che questa fusione porterebbe a Bologna, perché le dismissioni di asset per circa 3 miliardi, dovute alle richieste che certamente verranno dall’Antitrust, limiterebbero al 15% il maggiore profitto sullo stand alone. E rimarrebbero puri i dubbi sulla possibile duplicazione dei centri di amministrazione del nuovo gruppo.

 

 

 

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