Ancora niente reintegro per gli operai di Melfi, Fiat annuncia ricorso in Cassazione e Di Pietro: “Chiamate i Carabinieri”

Il Tribunale del lavoro di Potenza ha dato di nuovo torto alla Fiat, disponendo il reintegro a tutti gli effetti dei tre operai di Melfi licenziati durante uno sciopero, a causa della loro attività sindacale. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano accusati di aver compiuto un vero e proprio sabotaggio per impedire il lavoro dei colleghi, bloccando fisicamente la produzione, nel periodo di massima contrapposizione tra l’Ad Sergio Marchionne e la Fiom guidata da Maurizio Landini. Già il primo grado aveva affermato l’illegittimità del motivo addotto per l’allontanamento dei tre, ma l’azienda era riuscita ad aggirare lo spirito del dispositivo, comunicando agli operai che “non si sarebbe avvalsa delle loro prestazioni”, limitandosi ad assegnare una saletta per svolgere l’attività sindacale, ricominciando a pagare lo stipendio, ma non ripristinando lo svolgimento delle loro vecchie mansioni alla catena di montaggio.

La Fiat era riuscita anche a segnare un punto a suo favore, vincendo il successivo ricorso della stessa Fiom, presentato appunto contro la non corretta esecuzione della sentenza. Ma con la nuova vittoria in grado di appello, comunicata ieri, viene stabilita la condotta antisindacale dell’azienda, che secondo i giudici ha estromesso dall’impiego i lavoratori adottando “misure per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo, con conseguente, immediato pregiudizio per l’azione e la liberta’ sindacale”.

Ecco quindi il caso di un licenziamento “discriminatorio” spacciato per “disciplinare”, giusto per rimanere all’attualità della discussione sull’articolo 18 e la sua funzione ed efficacia. Ma ancora una volta la reazione della Fiat non è di rassegnazione, anzi rilancia ancora la sfida attraverso i suoi legali: “Seguendo la linea già tenuta nei precedenti gradi di giudizio, la Fiat non intende rilasciare alcun commento sulla sentenza della Corte d’Appello di Potenza, contro la quale presenterà ricorso in Cassazione“. Dal fronte opposto, i tre malcapitati fanno sapere che ne hanno abbastanza di tutta la storia, e vorrebbero che le ostilità terminassero: “Non abbiamo mai voluto le prime pagine dei giornali e, sinceramente, ne avremmo fatto a meno. Ora vogliamo solo ritornare alla normalità, al nostro posto di lavoro, ad essere gli uomini comuni che eravamo un anno e mezzo fa” ha dichiarato Giovanni Barozzino.

Nel frattempo arriva una reazione piuttosto vigorosa da parte di Italia dei Valori, che in una nota firmata dal responsabile del settore lavoro, Maurizio Zipponi, e dallo stesso Antonio Di Pietro, stigmatizza l’uso disinvolto che si è fatto della procedura di licenziamento, criticando il Lingotto che “fa finta di non essersi accorto” delle decisioni della magistratura, continuando ad adottare un comportamento giudicato illegale: L’unica cosa che non si capisce è cosa si stia aspettando per chiedere ai carabinieri di far eseguire le sentenze della magistratura scortando in fabbrica quei tre lavoratori e costringendo la Fiat a rispettare come tutti la legge italiana”.

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