Umeboshi: le prugne orientali dalle mille proprietà

Il cibo in genere è una fonte di nutritivi essenziali, ogni singolo alimento è inoltre ricco di proprietà non solo nutritive ma anche lenitive e curative. Lo sanno bene le nostre nonne che ci insegnano come alcuni tipi di verdura siano ad esempio ottimi depurativi oppure come la frutta sia fonte di vitamine e di energia. Il cibo viene infatti usato spesso, soprattutto nella cultura orientale, anche come medicinale. Uno dei casi più particolari di questo incontro tra cucina e medicina, lo troviamo in un frutto chiamato Umeboshi.

Questo curioso frutto viene spesso, erroneamente, conosciuto come prugna ma in realtà si tratta di un’albicocca che cresce, anche allo stato selvatico, in Cina e in Giappone. L’errore nasce dal fatto che le Umeboshi vengono spesso chiamate le “prugne dei miracoli” per le loro capacità curative.

Soprattutto in Cina infatti vengono impiegate come antipiretico, antiacido e astringente e sono ritenute ottime per i problemi allo stomaco. Andando più nel dettaglio, questo frutto, pare ottenga ottimi risultati se impiegato nella cura di raffreddore, problemi digestivi, per rinforzare il fegato e anche per combattere il senso di affaticamento e stanchezza.

A seconda del disturbo, le Umeboshi andranno consumate in maniere differenti. Il frutto può essere mangiato così per com’è colto nei casi di stanchezza, acidità di stomaco, problemi intestinali e dopo aver mangiato cibi potenzialmente nocivi. Per alleviare il fastidioso mal di gola invece basterà succhiare per 3 o 4 ore il nocciolo del frutto. Nei noccioli sono custoditi dei preziosi semi che sono ottimi per la cura di dissenteria, gastriti e disturbi intestinali: vanno cotti al forno ad alte temperature fino a che non si saranno anneriti, poi polverizzati e preparati come una tisana. Se conservati sotto sale – come di seguito riporteremo – saranno inoltre molto utili per ristabilire gli equilibri del fegato: questo beneficio è dato dal contrasto dell’alta concentrazione di acido citrico che va a contrapporsi all’alcalinità del sale.

Nel vicino Giappone le Umeboshi vengono invece impiegate largamente anche nella cucina locale. Dopo aver raccolto i frutti ancora acerbi verso la metà del mese di Giugno, questi vengono fatti essiccare grazie al calore del sole, poi stipati in grandi barili insieme ad un ingente quantità di sale e qualche foglia di shiso – meglio conosciuta come Laminaria Purpurea. Vengono poi adagiati sui barili dei grossi pesi e i frutti vengono lasciati fermentare naturalmente per un periodo che può variare da sei mesi sino ad un intero anno. Al termine del procedimento, i frutti otterranno il tipico colore rossiccio che li caratterizza. Una volta completato il processo di fermentazione le Umeboshi vengono impiegate nella preparazione di molti piatti, dalle semplici insalate di verdura cruda o cotta alle salse. Questo frutto dal sapore inconfondibile dona freschezza e digeribilità alle pietanze servite, è ricco di calcio, fosforo e ferro ed inoltre l’apporto calorico è davvero basso: solo 20 calorie per frutto.

In commercio è possibile trovare le umeboshi intere che sono quelle conservate sotto sale, la purea di umeboshi – ottenute dalle Ume stagionate e passate, utili per la preparazione di salse o come aggiunta per piatti a base di cereali o verdure – e l’acidulato di umeboshi. Quest’ultimo è ottenuto dal liquido acidulo e salato prodotto dalla stagionatura delle Umeboshi. Viene utilizzato come un normale aceto ma è molto salato: per questo motivo è sufficiente ad esempio condire un’insalata aggiungendo solo un poco di olio.

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