Berlusconi verso appoggio esterno a Monti, PDL al bivio

Si avvicinano le elezioni amministrative, che si terranno domenica prossima. Oggi è l’ultimo giorno di campagna elettorale, ma lo scontro vero e proprio non pare essere locale, bensì tutto a Roma. Non sono passate inosservate le stoccate molto dure che il premier Mario Monti ha inflitto al PDL e al governo Berlusconi, in conferenza stampa, qualche giorno fa, quando ha dichiarato che l’abolizione dell’ICI sarebbe stata un errore, criticando apertamente il suo predecessore. Una gaffe da rimbecillito, se si pensa che al momento Silvio Berlusconi sarebbe il suo più importante sostenitore. Con questi chiari di luna è probabile che il PD si smarchi presto dal governo, pertanto, il rapporto anche personale con l’ex premier dovrebbe essere mantenuto bene. E, invece, le cose vanno diversamente.

E il primo a fare una disamina di quanto sta accadendo è proprio l’ex presidente del consiglio, che riuniti i vertici del partito in Via dell’Umiltà, a Roma, ha definito le parole di Monti il frutto di una strategia concordata con il presidente Giorgio Napolitano, per mettere il PDL nell’angolo e fare scappare i suoi consensi verso l’UDC.

La ripresa degli attacchi giudiziari contro la sua persona, con la pubblicazione di una nuova ondata di intercettazioni, tese solo a ridicolizzarne la figura, sarebbero il tentativo di alcune frange complottiste di smembrare il suo partito. Non si spiegherebbe altrimenti perché mai il presidente del consiglio in carica dovrebbe attaccare direttamente il capo del partito più grande della sua stessa maggioranza. Ma c’è una questione di fondo, che un pò tutti nel PDL hanno ben chiara: la politica fiscale “draculiana” di Monti sta avendo il solo effetto di fare andare l’economia in recessione, fare schizzare a livelli inaccettabili la pressione fiscale, con il PDL che per tutto questo sta vedendo fuggire gran parte del suo elettorato. Sono ormai troppe le tasse e le leggi che il partito dell’ex premier è stato costretto a ingoiare. Va bene che Alfano l’ha spuntata sulla rateizzazione dell’IMU e che il segretario stia spingendo per fare valere il principio di “una tantum” per l’imposta sulla prima casa, ma va da sé che gli elettori del centrodestra non potranno perdonare al suo partito di essere stato sostenitore di una politica di persecuzione fiscale, come mai era avvenuta prima a questi livelli in Italia.

E allora che fare? Già da tempo Berlusconi ha detto che non ci sarebbe alternativa a Monti, per cui non dovrebbe essere revocata la fiducia. E così il Cavaliere ha lanciato la sua proposta, che trasuda di minaccia diretta al governo: dopo le amministrative, il PDL potrebbe passare all’appoggio esterno.

Ora, non avendo nessun partito rappresentanti diretti in seno all’esecutivo, cosa significa appoggio diretto, visto che non potranno essere revocati ministri propri? Semplicemente che il PDL non voterà i provvedimenti non concordati. Per dirla in breve, il governo non potrebbe più approvare in consiglio dei ministri norme a scatola chiusa, che poi siano votate in Parlamento con il metodo della fiducia.

E un primo assaggio di quanto potrebbe accadere al Prof. è già arrivato due giorni fa in Senato, dove è stata bocciata una norma sulle pensioni ai manager pubblici, che sostanzialmente ne avrebbe salvato il trattamento più favorevole e agganciato alla vecchia (più alta) retribuzione. Hanno votato insieme PDL, Lega Nord e Idv.

Un segnale che il partito ha lanciato al governo: senza i nostri voti non vai da nessuna parte. PD e UDC, infatti, non avrebbero i numeri sufficienti, né alla Camera, né al Senato, per approvare alcunché. Di più. Qualora il PDL arrivasse all’appoggio esterno, anche nel PD si respirerebbe un’aria da liberi tutti.

La mossa di Berlusconi sembra essere azzeccata, da un punto di vista della strategia politico-mediatica, ma sembra arrivare tardi, visto che il vero test di questi mesi sono proprio le amministrative. I suoi elettori avrebbero voluto vedere già prima passare dalle parole ai fatti l’ex premier e il suo partito.

Certamente, la bufera finanziaria non sopita e il tracollo della nostra economia non giocano in favore dell’instabilità politica, anche perché se si andasse a elezioni ad ottobre, sono parole del Cavaliere, vincerebbe la sinistra.

Tuttavia, nessuno nel PDL può pensare di arrivare in queste condizioni alle elezioni di primavera 2013, con un elettorato inferocito contro di esso e privo di qualsiasi capacità di incidere sulla rotta dell’esecutivo. I numeri dei sondaggi sono semi-tragici, ma qualcuno si illude forse che il punto minimo sia stato raggiunto. Non è così. Il PDL rischia davvero di scomparire dalla scena politica per sua inettitudine e la mancanza di una strategia chiara, di una volontà di riprendere in mano le battaglie storiche di Forza Italia prima e del PDL dopo, come la questione fiscale, l’oppressione burocratica sono le cause determinanti di una probabile grossa batosta, di cui il primo assaggio si vedrà già lunedì pomeriggio, a urne chiuse.

Manca, infine, l’idea complessiva di quali alleanze stringere e un’idea di riscossa del Paese. Per questo, bisogna svegliarsi presto, prima che sia troppo tardi.

 

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