L’uomo della strada non condanna Martinelli, novello “eroe” anti-tasse

Un pomeriggio di ordinaria follia all’Agenzia delle Entrate di Romano di Lombardia, nel bergamasco, dove due giorni fa Luigi Martinelli, piccolo imprenditore di un’azienda di pulizie, è entrato negli uffici e ha tenuto in ostaggio prima sedici persone e poi solo un impiegato per cinque ore, tale Carmine Mormandi, 56 anni, con la minaccia di un fucile a pompa, che aveva nascosto sotto il giubbotto. L’ha fatta davvero grossa il Martinelli, che adesso è recluso nel carcere di Bergamo, dove rischia seriamente di restarci per otto anni.

Con il passare delle ore, anziché chiarirsi, l’episodio s’infittisce e si arricchisce di notizie inedite e confuse. L’uomo avrebbe agito per disperazione, perché pare che fosse strangolato da un grosso debito con il Fisco.

Ma stando a quanto riporta l’Agenzia delle Entrate, il debito ammonterebbe a soli mille euro, per lo più trattandosi di arretrati per il canone Rai. Opposta la versione di Martinelli, che raggiunto dalle visite di esponenti leghisti, come l’ex ministro Roberto Calderoli, parla di una cartella esattoriale di 44 mila euro. Per ora, la certezza è che egli sia stato raggiunto nel 2011 da una cartella di 32 mila euro, poi condonata nel 2004. Situazione chiusa, insomma. Sembrava pace fatta con il Fisco. Ma evidentemente non sarà così. Cosa spingerebbe, altrimenti, un uomo a rischiare la vita in un’operazione assurda, quanto inconcludente?

L’uomo ha ammesso in caserma tutte le sue responsabilità, chiarendo di essere rimasto esasperato nel rapporto con gli uffici dell’Agenzia. Ma come qualificare Luigi Martinelli, che fino a 48 ore fa era conosciuto da tutti come un uomo mite, mai violento e certamente non pazzo?

La gente a Romano di Lombardia chiacchiera, così come nel resto del Paese. Nessuno applaude al gesto, ma certamente quel che emerge anche dall’atteggiamento della stampa è che nessuno condanna la persona. Eppure, l’uomo ha tenuto in ostaggio diverse persone per ore e un dipendente è stato sotto mira del suo fucile carico per cinque ore. In altre occasioni avremmo parlato di criminale, di metterlo dietro alle sbarre e buttare la chiave. Questa volta è diverso. Perché?

E’ il segno dell’esasperazione dell’uomo comune a cui questa crisi infinita lo ha spinto. Il piccole imprenditore, l’artigiano, il commerciante, il libero professionista, l’impiegato, l’operaio, tutti si sono identificati almeno per un solo istante nel Martinelli, perché in questi mesi di crisi devastante e di denaro non circolante negli angoli più bui del nostro inconscio tutti abbiamo forse un pò fantasticato su un atto plateale, su una qualche forma di ribellione contro uno stato che ci sta soffocando.

E a sentire lo sfogo della gente sul web, emerge che non sarebbero tanto e solo il debito con il Fisco e la sua entità ad esasperare l’uomo comune, quanto l’insensibilità e il trattamento schiavista che gli uffici fiscali riserverebbero al contribuente, quando questi è costretto ad averci a che fare.

Insomma, un debito è un debito. Non lo si può cancellare e tanto meno non lo può fare un dipendente di una filiale dell’Agenzia delle Entrate, ultima ruota del carro. Tuttavia, è davvero possibile che non ci sia altro modo per approcciarsi con chi lavora e produce ricchezza e si trova in una congiuntura veramente sfavorevole? E’ mai possibile che richiedere una rateizzazione debba portare via molto tempo ed energie? Esiste un’alternativa rapida per consentire al contribuente di fare valere le sue ragioni?

Niente, nemmeno la ragione più solida al mondo giustifica l’atto incosciente di Martinelli, è bene ripeterlo sempre. Ma lo stato non può più ragionare solo in termini di repressione ed oppressione fiscale, quando un’intera economia sta collassando vistosamente sotto i propri occhi.

Qualche giorno fa, un’affermazione irriverente e a tratti demenziale di Beppe Grillo a Palermo ha suscitato notevole indignazione tra la stampa e gli addetti ai “lavori” della politica. Ma il comico genovese non ebbe molto torto, quando affermò che la mafia tende a mantenere in vita le sue vittime, perché non le potrebbe spremere da morte. Lo stato, aggiunse Grillo, al contrario, è indifferente alla vita o alla morte dei suoi cittadini. 

Paradosso dei paradossi, non sarebbe neppure un’affermazione sbagliata, in base a quanto sta accadendo in questi mesi. Quando il nostro presidente del consiglio Mario Monti, interrogato sui numerosi episodi di suicidi per la crisi, risponde da tecnico robotico e senz’anima che in Grecia il numero dei suicidi è stato molto più alto, come se fosse una gara a chi muore di più, non resta che alzare le braccia.

E’ pur vero che il suicidio è un atto estremo e irragionevole, dissacrante dello stesso significato dell’esistenza umana. Ma l’impennata della sua frequenza in questi mesi dimostra che l’uomo della strada, che non gode di ignobili privilegi e non appartiene ad alcuna casta, è colto da un senso di rabbia esasperante, da un sentimento di impotenza dinnanzi alla prepotenza dello stato e delle istituzioni, che lo spingono a gesti incontrollati.

Brutta fine per l’Italia. Se ci rimane come fugace eroe un uomo che entra in un ufficio delle tasse con un fucile a pompa. Ci sarebbe da ridere, se non stessimo parlando di una realtà tragica. E non è che l’inizio!

 

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