Grecia fuori dall’euro? Dubbi su nuovi aiuti

L’esito delle elezioni in Grecia è stato il caos. Il leader della sinistra radicale, Alexis Tsipras, ha ricevuto il mandato per formare un governo, dopo che il leader di Nuova Democrazia, uscito vincitore dalle elezioni, ma privo di una maggioranza, vi ha rinunciato. Tsipras ha chiarito che è sua intenzione fare carta straccia del Memorandum, ossia delle misure di austerità imposte dalla Troika (UE, BCE e FMI) ad Atene. Tutti sanno che il giovane leader della sinistra non sarà in grado di formare una maggioranza, così come non lo è Evangelos Venezilos, il segretario dei socialisti del Pasok, partito scivolato in terza posizione, cosa mai avvenuta dalla caduta dei Colonnelli.

Pertanto, nuove elezioni a giugno sarebbero la prospettiva più credibile, ma il fatto che non esista un governo in grado di approvare le misure di austerità per 11,5 miliardi, circa 5 punti del pil, crea fortissime tensioni sui mercati, mentre aleggia lo scenario terribile di un default incontrollato.

Oggi, il ministro delle Finanze di Berlino, Wolfgang Schaeuble, ha affermato, secondo l’agenzia finanziaria Bloomberg, che sarebbe davvero terribile se la Grecia fosse costretta a uscire dall’euro, ma nessuno potrebbe costringerla a restare. Tradotto dal linguaggio pseudo-diplomatico a quello da bar: la Grecia rischia seriamente di uscire, ma la Germania non farà più nulla per tenerla nell’Eurozona. Atene scelga il suo destino. Un fato, che sembrerebbe segnato, visto che nel caso di nuove elezioni, il Paese rischia di sprofondare ancora di più in un clima anti-europeista, dopo che già i due terzi dei consensi sono andati a partiti anti-UE.

Il Wall Street Journal, dal canto suo, rilancia un’altra notizia, per cui alcuni governi dell’Eurozona avrebbero espresso perplessità sulla concessione della prossima tranche da 5,2 miliardi, proponendo lo slittamento del pagamento. Un’ipotesi che Bruxelles smentisce, sostenendo che sarebbe già arrivato l’ok al rilascio dell’altra fetta di aiuti.

Ma è evidente che la situazione politica è così fragile e caotica che il rischio è di gettare oltre 5 miliardi in un pozzo senza fondo e garanzie, mentre lo stesso Schaeuble conferma quanto si va dicendo da settimane, ossia che la Grecia potrebbe avere bisogno di ulteriori aiuti fra tre anni e il 2020, dopo i 130 miliardi su base triennale già stanziati a febbraio.

Solo che se già prima c’erano molte perplessità, adesso chi mai darebbe aiuti a uno stato che non ha intenzione di mantenere gli impegni che la maggioranza uscente si era assunta?

Il paradosso è che pur uscendo dalle urne, il clima è di piena campagna elettorale ad Atene, visto che tutti sanno che si dovrà tornare a votare. E i partiti pro-austerity non andrebbero oltre 149 seggi su 300, ammesso che fossero compatti nell’approvare quanto scritto nel Memorandum.

E la conseguenza immediata di tale stallo è una borsa di Atene che brucia, arrivando oggi ai minimi da venti anni, dal 1992 e trascinando al ribasso anche le altre piazze finanziarie. Ma è chiaro che l’effetto più forte si sta avendo sui titoli di stato semi-periferici, Italia e Spagna in testa.

Oggi, sulla scadenza decennale sul mercato secondario, i nostri BTp sono arrivati a rendere 433 punti base in più degli omologhi Bund tedeschi, per poi ripiegare di poco a 428 bp. Si tratta dei livelli più alti da gennaio. L’Italia ha bruciato due mesi di discesa virtuosa, che aveva fatto ben sperare gli operatori.

Peraltro, allo scenario già gravissimo della Grecia si sommano anche le contrapposizioni sul Fiscal Compact, con sempre Bloomberg a lanciare la notizia che il ministro tedesco degli esteri, Guido Westerwelle, avrebbe annunciato il no della Germania a una rivisitazione del patto fiscale, avanzata da alcuni governi, dopo la vittoria del socialista François Hollande in Francia e il caos ellenico.

Secondo Westerwelle, la crescita non può passare per un aumento della spesa pubblica, rispondendo a quanti, anche in Italia, vorrebbero il varo di un piano di investimenti pubblici. Tutto ciò sta spingendo gli operatori a non assumersi alcun rischio e i nostri titoli ne soffrono drammaticamente.

A questo punto, l’ipotesi che la Grecia esca dall’euro e vada verso un default incontrollato non è per nulla secondaria e di questo si discute ad Atene, anche se la maggioranza dei deputati appena eletti sarebbe per la permanenza nell’Eurozona e nella UE, ma non per l’accettazione di questo Memorandum, così com’è stato sottoscritto a febbraio dal governo Papademos e votato in Parlamento.

E il consigliere economico del premier uscente, Ghikas Hardouvelis, ha avvertito chiaramente che a suo avviso i creditori internazionali (la Troika) non sarebbero disponibili a rilasciare nuovi aiuti alla Grecia, a causa dello stallo politico in cui il Paese è precipitato, mentre il portavoce della Commissione europea, Amadeu Altafaj, assicura che la nuova tranche sarà rilasciata, perché il suo versamento è stato approvato.

Insomma, la Grecia è nel caos e l’Europa non sa cosa fare. Ancora una volta, i nostri titoli torneranno nell’0cchio del ciclone e non è detto che l’Italia sia pronta a superare anche un’altra fase di emergenza.

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