Berlusconi vuole azzerare PDL, pressing su Casini e Montezemolo

Il day after del PDL è stato molto teso. Aldilà delle comunicazioni ufficiali, con cui il partito ha relativizzato il disastro delle elezioni amministrative, evitando di parlare di sconfitta, in realtà, in via dell’Umiltà la tensione era alta, anche perché in tanti hanno da proporre qualche idea sul da farsi, ma in pochi o forse nessuno ha un’idea chiara su cosa fare. E così, anche il vertice del partito, che pure era previsto per la serata di ieri, è saltato. L’ex premier Silvio Berlusconi ha preferito rinviarlo a dopo la riunione del Ppe a Strasburgo, al fine certamente di prendere tempo e convocare lo stato maggiore, quando le idee saranno più chiare. Una sola cosa ha chiarito Berlusconi: il partito così com’è non può esistere. No dovrà solo cambiare nome, ma anche uomini, dirigenti, leader nazionali.

La prima ipotesi di cui si discute è una sorta di commissariamento del segretario Angelino Alfano. Egli sarebbe affiancato da un vertice di giovani, come Maurizio Lupi, Raffaele Fitto, Giorgia Meloni e altri. Il tutto è finalizzato a recuperare un metodo nel linguaggio e nuove facce, che possano riportare al voto elettori del centrodestra, che domenica e lunedì semplicemente sono restati a casa.

Ma la tentazione di Berlusconi sarebbe molto più radicale: azzerare il partito. Annullarlo, per poi creare una cosa nuova sulle sue ceneri. Circolano tanti nomi, qualcuno dei quali anche un pò bizzarro, ma pare che la scelta più probabile possa essere “Noi Italia”. Semplice, facile da ricordare, incisivo, corto. Ma potrà un partito chiamarsi “Noi Italia”? Potrà un esponente di questa creatura che sarà andare in TV, ad esempio, dicendo “noi di Noi Italia siamo per…”. Boh! Tutto è possibile, ma è chiarissimo che il nome sia l’ultimo dei problemi per Berlusconi, Alfano e il resto della ciurma. Il rischio è che il partito non sia in grado minimamente di ricreare quell’elettorato, che gli ha consentito in questi ultimi quasi venti anni di essere protagonista indiscusso della Seconda Repubblica. E così, se da un lato si cerca una riorganizzazione interna, dall’altro si tenta la carta abbastanza difficile di riaggregare Casini e i centristi, per costruire una federazione dei moderati, da contrapporre alla sinistra.

Il problema è che il leader dell’UDC non sarebbe disposto nemmeno a sedersi al tavolo delle trattative, se non prima sia chiarito senza tentennamenti che Berlusconi non farà parte del gioco. Casini vuole che sia assolutamente fuori dubbio che l’ex premier non faccia minimamente parte del progetto e che la classe dirigente del PDL sia azzerata. Condizioni inaccettabili e che stanno impedendo un serio dialogo tra le parti.

Allo stesso tempo, le trattative continuano anche con il numero uno di Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, attraverso telefonate, incontri più o meno noti. E pare che una prima seria considerazione sul futuro politico di Montezemolo possa arrivare dalla due giorni di Italia Futura a metà giugno, quando l’associazione di Montezemolo potrebbe annunciare la discesa in campo ufficiale del suo leader.

Pare che prenda corpo l’idea che egli crei un listone, un partito di centrodestra, in grado di coalizzare parte dell’elettorato deluso da PDL e dagli stessi centristi. Ma al momento nessuno è in grado di dire con certezza quale sarà il gioco con Berlusconi, se farà da sponda o se l’iniziativa sarà autonoma. Di certo, dopo la figuraccia rimediata a queste amministrative, un pò tutti temono di accostare il proprio nome e marchio a un simbolo in piena crisi.

E i sondaggi continuano ad essere impietosi. Il PDL potrebbe scendere anche sotto il 20% alle elezioni politiche, pare superato anche dal Movimento a 5 Stelle di Beppe Grillo. Uno smacco, che porterebbe il partito che ha governato insieme alla Lega fino a sei mesi fa a scivolare al terzo posto.

Nelle tentazioni di Berlusconi ci sarebbe una sorta di spacchettamento del PDL in più liste, di cui una cattolica, una di fedelissimi, altre di rilevanza civica. Da queste prime indiscrezioni, tuttavia, non pare di cogliere la formazione di una lista degli ex An, in grado cioè di raccogliere il consenso (perduto) a destra.

La sensazione è che ci siano tanti scenari e poche idee convinte. C’è il timore dell’ex ministro Rotondi, il quale afferma che dividendo la ricchezza si raccoglie solo miseria. Ed è senz’altro vero. A meno che liste separate siano in grado ciascuna di catalizzare un determinato consenso ed elettorato, da portare poi in dote alla creatura federata. Il guaio è che i volti sarebbero sempre gli stessi. E’ credibile chi fa male nel PDL, ma magari si presenta come una figura nuova ed eccelsa a capo di una lista federata? Certamente, no.

Vale la pena di riportare l’appello del direttore di Libero, Maurizio Belpietro, il quale oggi chiede in un articolo ai dirigenti del PDL di dimettersi tutti. Stranezza delle stranezze, dopo una batosta elettorale così clamorosa, ancora nessuno ha osato fare un solo passo indietro. Con questi si muore!

 

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