Grecia fuori dall’Euro, esiste piano emergenza europeo

Le borse ieri sera sono sprofondate, quando a metà pomeriggio si è diffusa la voce che l’Europa avrebbe pronto un piano B, per gestire la fuoriuscita della Grecia dall’Eurozona. Il documento del piano sarebbe frutto del lavoro degli sherpa, ossia dei funzionari nazionali, che hanno preparato sin da lunedì il lavoro dei rispettivi governi per il vertice di Bruxelles di ieri. Ma a confermare che il piano B non è ormai solo un’ipotesi realistica della stampa internazionale è stato il ministro delle Finanze del Belgio, Steven Vanackere, il quale non solo ha confermato che i piani di emergenza esistono, ma ha anche definito “irresponsabile” la loro smentita, sostenendo che sarebbe naturale prepararsi ad affrontare quanto potrebbe davvero accadere.

Il ministro delle Finanza di Atene, Giorgios Zannias, ha smentito, invece, che possano esistere piani del genere, sostenendo che la Grecia starebbe facendo il possibile per restare nell’Eurozona, ma è evidente che non gli creda più nessuno.

A livello di Area Euro un piano ufficiale pare che non sarebbe ancora stato trattato dai leader governativi, ma solo per paura di una fuga di notizie, che potrebbe zavorrare le borse del Vecchio Continente. Ma sono tanti altri gli indizi che inducono a ritenere che un piano B sia stato già scritto. Il settimanale tedesco “Die Welt”, ad esempio, racconta di un’azione concordata tra la BCE e il componente tedesco del board di Francoforte, Joerg Asmussen, proprio per il caso in cui la Grecia dovesse uscire dall’euro. Secondo l’organo di stampa, il piano scatterebbe dopo le elezioni del 17 giugno e mirerebbe a un divorzio consensuale e gestito dalla banca centrale, che potrebbe sostenere Atene nel passaggio.

Le cifre di cui si dispone al momento sono inquietanti. Secondo l’Institute of International Finance, ossia quello che raccoglie i creditori dei bond ellenici, il costo di tale addio alla moneta unica sarebbe complessivamente di mille miliardi di euro e ricadrebbe maggiormente proprio su Atene. E pare che la UE e il Fondo Monetario Internazionale abbiano preparato un piano, che prevederebbe lo stanziamento alla Grecia di 50 miliardi, per il caso in cui si abbandonasse l’euro.

A livello ufficiale, chiaramente il presidente della Commissione Europea, José-Manuel Barroso, ha ancora una volta fatto appello, affinché la Grecia resti nell’Eurozona, spingendosi fino ad auspicare fortemente che dalle elezioni esca fuori una maggioranza in grado di approvare il Memorandum.

Uscendo dal vertice, il premier italiano Mario Monti non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione su questa vicenda, a conferma che le indiscrezioni emerse dai lavori preparatori non fossero affatto prive di fondamento.

D’altronde, basta ascoltare anche le parole del direttore generale dell’FMI, Christine Lagarde, per capire che di questo si stia discutendo a ogni livello. Lagarde ha affermato qualche giorno fa di non auspicare l’addio della Grecia all’euro, ma che il suoi istituto sarebbe pronto a fronteggiare qualsiasi eventualità. Una presa di posizione così ufficiale non vi era mai stata. Cos’altro ci servirebbe per capire che esiste davvero un piano di emergenza?

E ha certamente ragione il ministro belga a sostenere che sarebbe da irresponsabili proprio smentire un piano B, perché darebbe ai mercati (per chi ancora ci crede) la sensazione che l’Europa sia del tutto impreparata a un evento che molti giudicano come molto probabile. Inutile nascondersi dietro un dito. Le probabilità che la Grecia torni alla dracma sono altissime, per cui è meglio dire chiaro e tondo ai mercati finanziari che sebbene non lo si auspichi, l’Eurozona si è già attrezzata per guidare questo processo. Ciò porterebbe tra gli investitori un pò più di serenità, rispetto a uno scenario in cui Bruxelles continui a fingere che la questione nemmeno esista.

Semmai, a preoccupare non meno del caso Grecia è l’ennesimo mancato accordo di ieri a Bruxelles sulla gestione della crisi del debito sovrano. La Germania non ha nemmeno voluto sentire parlare degli Eurobond, che vengono richiesti ufficialmente dal neo-presidente francese François Hollande, e sono appoggiati anche dall’Italia.

A questo punto, soltanto uno strumento di gestione accentrata del debito dei singoli stati dell’Eurozona potrebbe portare a un ritorno di fiducia degli investitori, purché coniugata con impegni credibili degli stati nazionali a raggiungere gli obiettivi di bilancio concordati. Tuttavia, non sembra che i tedeschi siano disposti a trattare sul punto anche un domani e questo rende il caso di Atene ancora più allarmante, perché crea nei mercati la sensazione che il probabile default incontrollato dei greci possa essere un apripista per un effetto contagio, che potrebbe lambire il Portogallo, la Spagna e anche l’Italia.

Anche l’ennesimo vertice di ieri, il diciottesimo dedicato al caso Grecia, ha fatto un grosso buco nell’acqua. Aldilà delle dichiarazioni di circostanza, per cui l’Europa sarebbe convinta che bisogna rilanciare la crescita, non ci sono decisioni concrete in tal senso. E non è detto che la fuoriuscita di Atene debba avvenire per forza dopo le elezioni, perché se serpeggiasse il panico tra i risparmiatori greci, con una corsa agli sportelli bancari, allora lo scenario precipiterebbe.

 

 

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