BTp Italia, rendimento garantito al 3,55%

Tra due giorni e fino al 7 di giugno, i risparmiatori potranno acquistare il bond retail BTp Italia, che ha già fatto il suo ingresso nel mercato italiano dei titoli di stato a marzo, quando raccolse richieste complessive per 7,29 miliardi, con un successo andato oltre le migliori aspettative. Si tratta di un bond pensato proprio per il piccolo risparmiatore, in quanto potrà essere acquistato direttamente online, accedendo al proprio conto corrente, qualora esso sia abilitato alle funzionalità di trading. In alternativa, resta sempre la possibilità di recarsi presso la banca dove si ha un conto titoli e ordinare l’acquisto del titolo. Esso potrà avvenire con taglio minimo di mille euro o multipli di mille e senza tetti massimi previsti. Infatti, il collocamento avverrà anche questa volta con la cosiddetta tecnica “a rubinetto”, vale a dire che il Tesoro soddisferà tutta la domanda, quale che sia l’entità. Il titolo sarà quotato sulla piattaforma Mot del London Stock Exchange e sarà emesso alla pari, ossia a 100.

Come già sappiamo, tale titolo prevede un rendimento minimo garantito, che il Tesoro ha ora comunicato essere pari al 3,55%. Questo significa che il potere d’acquisto del risparmiatore sarà salvaguardato, visto che il rendimento sarà del 3,55% annuo in più del tasso d’inflazione Foi, ossia l’indice dei prezzi per le famiglie e depurato dai tabacchi. Si badi bene che come era nelle attese, rispetto a soli due mesi e mezzo fa, quando avvenne il primo collocamento in assoluto, il rendimento garantito è salito dell’1,1%. Infatti, allora esso era stato fissato al 2,25%, prima che si procedesse al collocamento, per poi essere rivisto al rialzo al 2,45%, successivamente a tale fase.

E non è detto che anche in questo caso non sia abbia una rivisitazione al rialzo del rendimento garantito, il che renderebbe questo strumento davvero allettante e possibilmente anche molto oltre gli interessi offerti per stessa scadenza quadriennale sul mercato secondario. Infatti, un BTp triennale ieri quotava a un tasso del 4,86%, mentre un quinquennale era intorno al 5,41%. In altri termini, sul secondario, gli investitori pretendono un rendimento intorno al 5% per la scadenza a quattro anni.

Ora, andando a vedere l’andamento dell’indice dei prezzi Foi, si scopre che esso si è attestato mediamente nel biennio 2011-2012 intorno al 3%, cosa che porterebbe il rendimento complessivo lordo del titolo a circa il 6,5%, cioè circa il 5,7% netto. Un tasso del tutto invidiabile, ma che in sé è il frutto delle enormi tensioni finanziarie sui mercati.

I tedeschi, ad esempio, si possono concedere il lusso di offrire interessi lordi dell’1,3-1,4% sulla scadenza decennale e meno del 2% su quella trentennale. Inutile dire che i rendimenti sulle scadenze brevi sono a dir poco imbarazzanti: a un anno, l’ultimo rendimento segna il -0,002%. In sostanza, i risparmiatori danno soldi allo stato per investire nei suoi Bund e Schatz, segno della schizofrenia dei tempi.

E’ l’effetto del rischio Italia crescente. In soli due mesi, il Tesoro è stato costretto ad aumentare di molto il rendimento garantito, al fine di attirare domanda. Certo, non sono in tanti a sperare su una buona domanda, specie dopo l’ultima asta di mercoledì scorso, che ha visto attestarsi le richieste su livelli bassi, tanto che il Tesoro è stato costretto a rinunciare a rifinanziarsi ai massimi previsti dalla forchetta annunciata per il collocamento.

Magari non saranno i 7,29 miliardi di due mesi e mezzo fa, ma certamente un rendimento così alto non dovrebbe lasciare insensibili i piccoli risparmiatori e tanto meno gli stesso istituzionali. Inoltre, si ricordi che ci acquisterà il titolo in fase di collocamento e lo terrà fino alla scadenza avrà un rendimento premio dello 0,4% sul capitale investito.

Ora, a meno che non crediamo realmente che l’Italia sia a rischio default o a meno che non temiamo di avere bisogno di liquidità da qui a breve, non dovrebbe esserci serio motivo per non investire in uno strumento sicuro per eccellenza, in grado di offrirci un tasso così allettante.

Quanto al calcolo della cedola semestrale, esso avviene moltiplicando il tasso annuo garantito e diviso per due per il capitale, a sua volta rivalutato anticipatamente all’indice Foi del semestre. In più, qualora vi fosse un semestre deflattivo, ossia con l’indice dei prezzi in calo, il capitale sarebbe mantenuto inalterato, nel senso che non scenderebbe anch’esso con i prezzi (effetto “floor” o “pavimentazione”).

Insomma, da un punto di vista delle garanzie e della convenienza, pare che ci siano tutti i presupposti per potere affermare che vale la pena tentare l’investimento. E’ dal punto di vista dello stato che ci dovremmo chiedere se tale strumento, nato per attirare la domanda minuta e per sfoltire le aste del Tesoro in calendario, abbia ancora un senso, visto gli alti rendimenti offerti. Ovvero, dato che si prefigura un tasso più alto di quello attualmente in vigore sul mercato secondario e alle stesse aste, sarà ancora conveniente puntare su questo strumento per lo stato? Non è che uno dei quattro collocamenti previsti per il 2012 sia già stato cancellato proprio per questa ragione?

 

 

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