Nel 2016 metà della popolazione mondiale sarà connessa alla rete. Questa la previsione elaborata da Marc Vos, partner & managing director di The Boston Consulting Group. La Digital Economy, che già oggi rappresenta il 4% del PIL mondiale, raggiungerà un valore complessivo di oltre 4mila miliardi di dollari. Un trend in crescita che nel già 2015 porterà al sorpasso da parte dei Paesi emergenti per quanto riguarda il numero di internauti: 1,4 miliardi contro i soli 700 milioni dei Paesi sviluppati. Un ecosistema, quello digitale, che va dai servizi di messaggistica all’e-commerce BtoB fino al m-commerce, per un valore complessivo di quasi 950 miliardi di dollari. Un’opportunità che nessun Governo può permettersi di perdere, nemmeno quello italiano. Questi i dati emersi nei giorni scorsi durate IAB Events, forum romano che ha messo a confronto il settore del digitale con istituzioni, aziende e associazioni dei consumatori.
In Europa si potrebbero creare circa 1.5 mln di posti di lavoro in più dalla Digital Economy, se tutti i Paesi EU fossero allineati nelle scelte. Un’opportunità che molte nazioni stanno già cogliendo come il Regno Unito, leader mondiale nell’online advertising e nell’e-commerce, ma anche l’Egitto nel turismo e la Danimarca nell’e-government, a conferma che puntare sulle potenzialità legate ad internet è una scelta obbligata. La strada dell’innovazione digitale può portare benefici non solo dal punto di vista economico ma anche strategico, amministrativo e sociale. Promuovere gli investimenti nelle infrastrutture; puntare allo “switch-off” della Pubblica Amministrazione; investire nell’istruzione e nella creazione delle competenze digitali; stimolare l’e-commerce, l’innovazione e l’imprenditorialità digitale. Ma anche agevolare la mobilità globale dei talenti digitali e armonizzare le regole del gioco all’interno della stessa UE. Queste le azioni da intraprendere.
Secondo i dati del Rapporto ISTAT del 2012, il nostro paese conta 2 milioni e 744 mila disoccupati e 2 milioni e 975 mila inattivi disponibili a lavorare. Sono solo 100 mila i professionisti direttamente occupati nel settore Internet. La Digital Economy potrebbe concretamente rappresentare la svolta per la ripresa sotto il profilo occupazionale e maggiori investimenti e azioni in questo senso consentirebbero la creazione di circa 200 mila posti in più, arrivando ai livelli del Regno Unito, primo nella classifica europea con un livello di remunerazione totale di 10 miliardi di euro, contro i 4 miliardi in Italia nel 2012. Prendendo in considerazione anche l’advertising online la posizione dell’Italia è ampiamente migliorabile. Il numero di occupati potrebbe raddoppiare raggiungendo la Francia, o addirittura quintuplicare, arrivando ai livelli attuali del Regno Unito. Questo anche a fronte di un aumento degli investimenti aziendali nel settore della pubblicità online che, per quest’anno, si prevede essere di 7-8 punti percentuali in più rispetto al 2012, andando in controtendenza rispetto alla crisi che da molto tempo sta colpendo gli investimenti sui media tradizionali.
Possibile quindi il salto di qualità se saranno fatte scelte fortemente focalizzate sulla digitalizzazione. La creazione di un Ministero per l’Economia digitale potrebbe garantire una maggiore cooperazione tra il settore pubblico, Istituzioni e Università, e il settore privato, al fine di aumentare a livello aziendale le occasioni di formazione relative al digitale, attraverso lo sviluppo e l’inserimento di specifiche professionalità. In un Paese come l’Italia, che sta subendo fortemente la crisi occupazionale, la Digital Economy può così rappresentare la vera svolta per una ripresa.