Le tre Femen rilasciate in Tunisia. L’attesa resta per Amina

Sono state rilasciate ieri, poco dopo la mezzanotte le tre attiviste del movimento femminista Femen. Le ragazze erano state arrestate per alcune manifestazioni e condannate a una pena di quattro mesi e un giorno. A riferire quanto deciso dalla giustizia tunisina, è stato un giornalista dell’Afp presente sul posto, il quale rivela che le stesse hanno lasciato la prigione femminile di La Manouba a bordo di un furgone della polizia diretto al ministero dell’interno per la disbriga degli ultimi documenti.

Stando a quanto afferma l’avvocato che ha seguito la vicenda, le tre ragazze, due di nazionalità francese e la terza di nazionalità tedesca (Pauline Hillier, Marguerite Stern e Josephine Markmann), potrebbero partire per l’Europa già nella giornata di oggi, giovedì.

Le tre, attiviste del movimento Femen conosciuto soprattutto per la metodologia di protesta adottata nelle manifestazioni (porsi a seno nudo dinanzi ai luoghi e personaggi simbolo della repressione femminile) erano detenute in Tunisia da quasi un mese a seguito di un sit in, sempre a seno nudo, da cui è scaturita l’accusa di offesa ai costumi e al pudore.

La mobilitazione era stata programmata contro la detenzione di Amina, la diciottenne tunisina che aveva osato sfidare le leggi sulla moralità islamica esponendosi in prima persona, da araba, a seno nudo sui social network. Un comportamento considerato immorale dalle autorità religiose e gran parte della cittadinanza conservatrice dei paesi arabi. In un primo momento, per stemperare la tensione che aleggiava sull’attivista, si era pensato di condurla in un luogo protetto ma la caparbietà della ragazza ha prevalso. La diciottenne ha continuato ad esporsi nonostante gli appelli dei genitori al silenzio e le minacce dei religiosi.

Amina è stata arrestata alcuni mesi fa con l’accusa di detenzione di materiale urticante. Bieca scusa utilizzata dalla polizia per condurla dinanzi a un giudice. La ragazza si era recata dinanzi al cimitero di Kairouan in segno di protesta contro un raduno salafista; con sé aveva uno spray da utilizzare per scrivere la parola Femen sulle mura del cimitero. Questo è bastato per condurla al comando di polizia e far convalidare l’arresto.

Contro il comportamento autoritario delle forze tunisine si è schiarata anche l’associazione per i diritti umani, Amnesty International, che per voce della vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord, Hassiba Hadj Sahraoui, ha affermato: “Imprigionate le persone per un atto di espressione è sproporzionato. Anche se la loro protesta può essere considerata offensiva o controproducente, ciò non può giustificare il carcere. Se le autorità tunisine vogliono davvero rispettare i loro obblighi di diritto internazionale, devono rilasciare le tre attiviste”
Ora tutta l’attenzione torna doverosamente sulle sorti di Amina che, stando a quanto affermano gli avvocati francesi del gruppo Femen, rischierebbe due anni di carcere per profanazione di sepolture e altri sei mesi per attentato alla morale. Pene che potrebbero diventare più dure se fosse riconosciuta colpevole con l’aggravante dell’associazione a delinquere.

Amina non è soltanto una “scheggia impazzita” della popolazione femminile araba. E’ oggi il simbolo dello scontro in atto tra islamisti saliti al potere dopo la rivoluzione e l’opposizione laica, determinata, quest’ultima, a fermare l’involuzione culturale in corso che metterebbe a rischio le dure lotte per la conquista dei diritti civili; diritti essenziali soprattutto per le donne che oggi rischiano ancora di essere considerate “individui” non pari all’uomo, bensì complementari. Un passo indietro umiliante e degradante che non può essere tollerato ai giorni nostri, non più!

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