Unesco, misure per Pompei entro il 2013

Nonostante i continui elogi e pubblicità positiva che media internazionali continuano a diffondere sull’arte e l’archeologia italiana, le nostre aree d’interesse turistico stentano a decollare.

Il ministero per i Beni culturali ha reso nota una ricerca sul numero di visitatori nei nostri siti turistici e gli incassi ottenuti da questi nelle varie città e province italiane nello scorso anno.

Gli incassi in questione si aggirano attorno ai 113 milioni di euro, un numero che conferma l’interesse internazionale verso il nostro patrimonio storico-artistico; somme che potrebbero risollevare le casse dello stato aiutando settori dell’economia cardine per la crescita come il turismo e l’ambiente ad esempio.

Solo nel Lazio sono stati incassati 51 milioni di euro con oltre 16 milioni di turisti in un anno. Seguono la Campania con un incasso di 27 milioni e 6 milioni di visitatori e la Toscana con 22 milioni di introiti e 5 milioni di turisti nelle sue strade. Sempre stando ai dati del Ministero, scopriamo che a vincere sono le regioni del sud a dispetto dell’area nord che contano soltanto (si fa per dire) 11 milioni.

In questa attenta analisi sul rapporto “numero di visitatori – profitto” ad essere sorvegliata speciale è la Campania. Nella regione sono stati analizzati 57 siti (di cui 27 a pagamento). Soltanto nella provincia di Napoli sono stati incassati 24 milioni di euro netti con 5 milioni di turisti. La maggior parte degli incassi proviene dalla aree archeologiche, particolarmente amate dagli stranieri. Pompei ed Ercolano hanno registrato la presenza di 4 milioni di visitatori, mentre i musei hanno incassato 1 milione e 400 mila euro con 667 mila visitatori. I circuiti museali segnano un milione di euro e 82 mila visitatori.

Grandi numeri certo, ma poco miglioramento sia per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti sia per la salvaguardia delle aree e la creazione di nuove infrastrutture. I grandi incassi non riescono a riqualificare il nostro patrimonio e non creano occupazione. Un gap endemico e annoso che non può essere più tollerato in un momento di crisi economica e occupazionale, soprattutto quella giovanile.

E come spesso accade, a suonare il campanello d’allarme per la nostra cattiva gestione del patrimonio pubblico sono enti internazionali. Stavolta a intervenire è l’Unesco che per voce del Presidente della Commissione Nazionale Italiana Unesco, Giovanni Puglisi, redarguisce gli scavi archeologici di Pompei che proprio un paio di giorni fa sono rimasti chiusi a seguito della protesta di alcuni dipendenti, lasciando fuori dai cancelli 500 turisti disorientati e fortemente contrariati. ”Il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei e l’ Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare cio’ che fara’ il governo italiano e rinviare al prossimo Comitato Mondiale 2014 ogni decisione”.

L’auspicio è che tali moniti possano diventare un forte sprone per una ripresa seria e duratura del settore e non, come spesso accade, un interesse passeggiero del tutto miope e dannoso all’immagine e al futuro del nostro paese.

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