Italiano si fa applicare l’eutanasia perchè malato terminale, ma la diagnosi era sbagliata: era sano

Una storia davvero incredibile ed assurda. Il magistrato di 62 anni calabrese Pietro D’Amico lo scorso Aprile, senza dire niente a moglie e familiari si era recato, da solo ed in macchina, in una clinica svizzera di Basilea per ottenere il suicidio assistito (l’eutanasia non è consentita in Italia).

L’uomo aveva ricevuto da strutture ospedaliere e dottori italiani la diagnosi di un male incurabile, ormai in fase terminale.

Una volta deceduto la clinica ha avvisato la famiglia, e la moglie tramite un avvocato ha chiesto subito un’autopsia (perchè ignara della malattia del marito) e dopo mesi di esami e ricorsi è diventato ufficiale come in realtà Pietro D’Amico non fosse affetto da alcuna patologia incurabile, ma anzi godesse a livello fisico di ottima salute.

Viene da chiedersi come i medici italiani possano aver fatto una diagnosi così sbagliata ed anche come dalla Svizzera si siano fermati soltanto a certificati medici provenienti dall’esterno, senza sottoporre al minimo esame clinico (come invece prescrive la legge elevetica) il magistrato, prima di applicargli l’eutanasia ed accompagnarlo ad altra vita.

Pietro D’Amico (persona nota nel suo ambiente ed intellettuale di tutto rispetto) anche in precedenza aveva chiesto di morire nella stessa clinica svizzera, perchè depresso e convinto di essere malato, ma senza una certificazione come quella esibita in quel frangente, aveva sempre ricevuto risposte negative in proposito.

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