All’ANM: quando l’inquinamento ti trapassa il corpo e ti avvelena l’anima

È già passato più di un anno dal sequestro dell’Ilva di Taranto, e dall’arresto di diverse persone della famiglia Riva. Ma il gigante siderurgico resta ancora lì. E resta ancora il fumo che ne fuoriesce dalle ciminiere, che va a posarsi come una coltre di morte sul sottostante quartiere Tamburi, e sulle limitrofe terre tarantine.

Il silenzio invece, va e viene. Eppure, da una stessa relazione dei periti del gruppo Riva Fire, si attesta che le principali cause di tumori nella città di Taranto sono dovute al tabacco e all’amianto. Secondo l’associazione ambientalista Peacelink nel distretto 3 e nei corrispettivi quartieri di Tamburi, Paolo VI, Città vecchia e del Borgo, si ammala di cancro 1 cittadino su 18.

Sabato 14 settembre alle ore 20, presso il Castello Episcopio di Grottaglie (TA), si riaccendono i fari sulla polvere rosa: in cooperazione con il Comune e il Gal Colline Ioniche, sarà proiettato ALL’ANM, un film-reportage con interviste a loro, i tarantini che vivono alle “pendici” del vulcano meccanico e respirano veleno al posto dell’ossigeno.

Grazie all’interessamento alla questione del magazine Rolling Stone, Carlos Solito, fotografo, giornalista, scrittore e filmaker pugliese di Grottaglie (TA) presenta nel suo stesso paese natio, il suo cortometraggio dal titolo esegetico “All’ANM”, che in dialetto pugliese equivale all’esclamazione di stupore e incredulità “per l’anima!”. Non solo il regista, ma anche “gli attori” appartengono tutti a Taranto e non ricordano più quale fosse l’odore dei due mari portato dal vento sulla loro città. Il reportage è impostato come un’analisi sul rapporto tra questa terra distrutta e i suoi abitanti, tanti piccoli e impotenti Ulisse che cercano di scampare al loro Polifemo, ma che non possono fuggire via con uno stratagemma come l’eroe greco.

La sceneggiatura è di Valentina Strada (anch’essa di Grottaglie) e Francesco Lopez della pugliese Oz Film, mentre la collaborazione musicale è stata affidata a Omar Pedrini, che ha accettato di accompagnare il cortometraggio con la sua canzone “Sole spento”. Proprio Pedrini ha dichiarato ad un intervista del giornale che ha organizzato l’evento: “Quando mi ha chiesto di musicare il film con Sole Spento ho detto subito di sì. Carlos scrive e fotografa in un modo che ti prende e ti porta con sè. Ci sa fare coi racconti, ha già firmato in Canada la regia di un corto per Franco Dragone (uno dei padri de Le Cirque du Soleil), e m’incuriosiva vederlo alle prese con un film dedicato alla sua terra. L’Ilva è un argomento molto complicato, uno di quelli che, come si è ben visto e sentito, ha fatto un gran rumore. Un rumore doveroso che ha infranto i muri di silenzio di tutti questi anni. Il lavoro è una cosa sacra, la vita è sacrosanta, abbiamo il dovere di consegnare ai nostri figli un mondo migliore, sano, e prospettive occupazionali che non devono, a distanza di tempo, rivelarsi una roulette russa.

Il problema dell’Ilva di Taranto infatti, è che non basta chiudere. Oltre all’amianto c’è la povertà. La maggior parte della gente non vuole che lo stabilimento chiuda, perché significherebbe perdere il lavoro. Si entra quindi nel labirinto senza via di uscita: o si muore perché si mangia la polvere, o si muore perché non si ha di che mangiare. L’unica soluzione possibile quindi, sarebbe quella di risanare gli impianti e procedere con la bonifica delle falde inquinate, prima di riattivare la produzione delle acciaierie.

L’ingresso e la visione del documentario sono ovviamente, gratuiti. E allora finché non arriverà il momento, come recita la canzone, restiamo accanto alla città di Taranto e ai suoi figli, in attesa che il sole si riaccenda per lei, e siano i suoi raggi e non la polvere rosa, a trapassarne i polmoni e l’anima.

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