Boston Strong: una campagna di sensibilizzazione a cinque mesi dall’attentato

In una Boston imbandierata a festa per il giorno dei «Patriots», in cui si celebrano gli eroi della rivoluzione americana, due bombe esplodono nei pressi del traguardo della maratona ad opera di due fratelli ceceni, Tamerlan Tsarnaev (26 anni, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia) e Dzokhar Tsarnaev (19 anni, catturato e detenuto nell’ospedale carcerario). Era il 19 aprile 2013.
Il bilancio della strage è pesante: tre vittime, tra cui un bambino di otto anni, e 260 feriti, di cui sedici hanno subito l’amputazione degli arti inferiori.
Terminate le indagini e scemata l’attenzione dei media si sono trovati su una strada solitaria, alle prese con il dolore e ripetuti interventi chirurgici. La città di Boston ha chiesto loro di mostrare le immagini della riabilitazione attraverso dei cartelloni che fanno parte di una campagna di sensibilizzazione denominata “Boston Strong” , a cui loro non si sono sottratti per non darla vinta agli autori del vile attacco. Sono immagini rassicuranti, di attimi felici, che sono servite alla comunità di Boston per farsi forza e andare avanti. Ma la vita di tutti i giorni è differente.

C’è una foto che ritrae un ragazzo che osserva una donna seduta sulla sedia a rotelle mentre legge un libro. E’ alto, una corporatura da sportivo, ma ha il capo chino, con gli occhi fissa quelle che un tempo erano delle gambe. Quel ragazzo è il figlio di Celeste Corcoran, una parrucchiera di Boston di 47 anni, a cui l’attentato ha tolto entrambe le gambe, con le quali aveva aiutato a camminare i suoi figli, con le quali li aveva accompagnati a scuola, alle quali si erano aggrappati piangendo per un giocattolo negato o per cingerle in un abbraccio affettuoso e dolce. A tutti dice di essere fortunata per essere sopravvissuta, ma ogni giorno è più difficile del precedente. Come gli altri feriti, grazie ai 60milioni di euro versati per loro come risarcimento, ha potuto usufruire delle cure migliori, addirittura di protesi alle gambe con le ginocchia controllate da chip. Queste protesi moderne hanno aiutato il 13 settembre la signora Corcoran addirittura a lanciare la prima palla al Fenway Park, lo stadio dei Red Sox di Boston.
Alcuni momenti felici possono celare lotte nascoste, ha detto Roseann Sdoia, che ha perso la gamba destra sopra il ginocchio. “La gente vuole vedere quanto velocemente tu ti stia riprendendo, ma non è così facile”, ha detto la donna. Recentemente ha ritardato i piani per tornare al suo lavoro di immobiliarista a causa del dolore e del disagio a camminare da sola.
I loro problemi derivano dal tipo di lesioni molto complesso. Per le amputazioni negli Stati Uniti in genere sono previste procedure standard. Ma a Boston, le esplosioni di bombe a pressione piene di chiodi hanno tagliuzzato muscoli, tendini e nervi. La presenza, per di più di minuscole schegge nei tessuti aumenta il rischio di infezioni. “Sembra grottesco, ma se si potesse immaginare, è come mettere la gamba in un tritarifiuti”, ha detto William Creevy, un chirurgo ortopedico al Boston Medical Center, che ha operato cinque feriti.

I medici hanno cercato di salvare il salvabile, ma su sedici pazienti la metà ha perso l’uso addirittura delle ginocchia. Questo significa maggiore sforzo mentre si cammina, più difficoltà a fare le attività quotidiane e più usura per le altre articolazioni.
Alcuni amputati devono ancora riprendere a camminare, come Erika Brannock, 29 anni, un’ insegnante di scuola materna del Maryland, che ha perso la gamba sinistra all’altezza della coscia.
Marc Fucarile, 35 anni, ex autista di Stoneham, Massachusetts, ha perso la gamba destra, ma ha ustioni sulla gamba sinistra che a volte fanno così male che maledice di non aver perso anche quella. Mr. Fucarile assisteva alla maratona con due amici, i fratelli JP e Paul Norden, quando la seconda bomba è esplosa. Anche a loro sono stati amputati gli arti. Paul Norden, 32 anni, ha perso la gamba destra sopra il ginocchio. Sta camminando con una sofisticata protesi, che però non gli è servita ad evitare dei punti di sutura quando è saltato fuori dal letto, dimenticando che non aveva una gamba. JP Norden, 33 anni, ha invece perso la gamba sinistra. Racconta che era solito prendersi cura della madre anziana dopo il lavoro. Ora, non riesce a prendersi cura nemmeno di sè stesso. Quando cammina, le stampelle gli impediscono di portare qualsiasi cosa, persino la busta della spesa. Di notte, non può raggiungere il bagno, perché la protesi è troppo difficile da usare da solo. Una delle esplosioni durante la maratona gli ha fatto penetrare le chiavi della macchina che aveva in tasca nel profondo della sua coscia. I medici, che lo hanno operato, hanno tirato fuori le chiavi, ma come la ferita è guarita, il muscolo si è trasformato in osso in una condizione rara chiamata in medicina “ossificazione eterotopica”. Anche per gli amputati che camminano di nuovo le sfide da affrontare sono tante. Le membra mozzate spesso si gonfiano e poi si restringono, possono sorgere eruzioni cutanee ed irritazioni. Sidney Brown, una ragazza di 22 anni, ha perso la gamba sinistra sotto il ginocchio. “Poteva andare peggio, sai. Bisogna sempre riflettere su questo”. ha detto. Aveva promesso che non avrebbe sprecato un singolo minuto a pensare agli attentatori, ma poi ha ammesso che le avrebbe fatto piacere dargli un pugno in faccia. La maggior parte del tempo riesce a rimanere positiva, ma ci sono giorni in cui piange ininterrottamente. “Sapevo che non sarebbe stato facile”, ha detto della sua nuova vita. “Ma io non avevo capito quanto difficile sarebbe stato.”

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