Tatuaggio: un’opera d’arte indelebile mai in declino

Buzzfeed, in un articolo di qualche giorno fa, ha riportato una ricca gallery di opere d’arte. Nulla di strano se non fosse che il supporto usato dagli artisti stavolta è la pelle. Ciò che il giornale del Regno Unito ha raccolto è una serie di tattoo dal grande impatto internazionale. La cosa più surreale è notare la somiglianza, nel caso in cui il soggetto del tatuaggio sia un quadro famoso, rispetto all’originale.

Il tatuaggio è arte e come tale va valorizzato. Anche se ha registrato il boom tra gli anni Settanta e Ottanta, ha radici storiche ben più antiche. Basti pensare al tatuaggio datato 3300 a.C. sulla Mummia del Similaun a cui è stato attribuito un significato curativo; oppure all’animale immaginario della principessa di Ukok datato 500 a.C..

Sicuramente tra i motivi primordiali del tatuaggio vi è la religione: i Romani ne erano soliti far uso, ma abbandonarono la decorazione del corpo a seguito della conversione al Cristianesimo di Costantino, poiché si atteneva alla Bibbia che recita: “Non vi farete incisioni nella carne per un defunto, né vi farete tatuaggi addosso”.
Questo comunque non vietò ai fedeli di marchiare a fuoco con segni religiosi la loro appartenenza al credo.
Nel Medioevo, inoltre, i fedeli alle diverse Madonne (Loreto in primis) erano soliti tatuarsi i luoghi di culto che avevano frequentato. Nel periodo dei pirati, si era soliti tatuarsi simboli sacri così, in caso di morte violenta, essere riconosciuti come cristiani e farsi seppellire secondo il proprio culto.

Alla fine dell’Ottocento, i tatuati storici furono lo Zar Nicola II e Winston Churcill, che contribuirono ad incrementare l’idea che il tatuaggio fosse da attribuire a personalità dalla fedina penale non esattamente pulita.
Ciò è stato accentuato dal saggio di Cesare Lombroso, L’uomo delinquente (1876), dove si definisce criminale colui che si tatua, ipotizzando il tutto come una regressione allo stato brado. Il saggio è molto interessante perché dà modo di comprendere come la moda di allora coincidesse abbastanza con la moda attuale: erano solite le frasi d’amore e le iniziali, così come i simboli di guerra o i simboli di appartenenza politica.

A partire dal 1876, cioè dalla pubblicazione del saggio di Lombroso, il tatuaggio diventò un tabù, praticato solo in alcuni monasteri e in poche casate nobiliari, i cui simboli rappresentavano l’essere superiori rispetto alla folla. Le casate più importanti furono sicuramente i Savoia e i D’Aosta.

Il fascino del tatuaggio, però, ha da sempre affascinato gli uomini, soprattutto nel Sessantotto. I giovani Hippie e i motociclisti, a cavallo delle Harley Davidson, iniziarono a tatuarsi i primi segni di rivoluzione e di libertà, riportando a galla il culto del tattoo.

Attualmente il tatuaggio ha perso un po’ del suo fascino, diventando una forma di esibizionismo e sempre meno un simbolo associato a ricordi della propria vita o a fasi della propria adolescenza. I tatuaggi più gettonati, al momento, sono i simboli dell’infinito e le stelle, probabilmente alludendo a significati amorosi o alla voglia di realizzare i propri sogni. Alcuni tatuatori hanno anche affisso sulla propria porta la scomparsa di questi simboli proprio per indicare come ci sia stato il boom.

Talvolta il tatuaggio diventa una vera e propria ossessione, è il caso di Angelo Piovano, che alla rivista tatuatori.info ha raccontato come è riuscito, in ben dieci anni, a tatuarsi il 98% del corpo e raggiungere così il record di uomo più tatuato in Italia.

Qui in basso, una selezione delle foto pubblicate dal sito buzzfeed.com.
[Photo Credits: buzzfeed.com]

Impostazioni privacy