L’inafferrabilità del mistero nelle foto di Enrico Savi

Molto di più che semplici panorami naturali. O meglio, parte da quelli Enrico Savi ma con un altro obiettivo: evocare. Le sue foto, che si ispirano appunto a scenari naturalistici, sono velate da un alone di mistero che permette a chi le osserva di contemplare il paesaggio raffigurato e trascenderne le caratteristiche reali. Quell’alone spesso viene davvero raffigurato e tenta di offuscare il panorama, facilitando così all’osservatore l’uso dell’immaginazione.

È questo il significato di “Enrico Savi. Ego CumTemplo” , la mostra personale di Enrico Savi, giovane fotografo milanese, accompagnata da un volume con interviste a Pierantonio Tanzola, Alan Rankle, Roger Weiss, Valentina de Mathà e Claudio La Viola, ai quali sono state fatte domande inerenti il lavoro di Savi.

“Contemplare deriva da cum (per mezzo) templum (lo spazio)”si legge nella presentazione della mostra. Contemplare significa allora “fissare lo sguardo su qualcosa che susciti ammirazione e stupore”. Non solo, contemplare proprio per mezzo dello spazio, ovvero di quei paesaggi che Savi fissa nelle sue fotografie.

Una caratteristica delle foto del giovane milanese è l’unione di più immagini
, ed è proprio questo che rende difficile la diretta comprensione di ciò che è raffigurato e stimola l’immaginazione dell’osservatore: “coppie di immagini che si scontrano fra loro nel vortice di ciò che è codificato in ognuno di noi come elemento conosciuto, di seguito fuse insieme in metapaesaggi dei quali abbiamo poco bagaglio conoscitivo attraverso il quale poterli catalogare. Immagini che vanno percepite nel loro insieme, mantenendo una giusta distanza per coglierne l’essenza“, è questa la spiegazione che ne dà il fotografo Roger Weiss, uno degli intervistati nel catalogo che accompagna la mostra.

Unire passato e presente. È questo un altro obiettivo della fotografia di Enrico Savi. Pierantonio Tanzola lo spiega così: “Servirsi di un linguaggio figurativo memore del “flusso di coscienza” […] è la prerogativa della poetica di Enrico. Il suo scopo, quindi, è quello di spiazzare il lettore per causa di un ossimoro visivo, dove la memoria ancora incorrotta e involontaria confluisce in un presente incessantemente in trasformazione“.

Allora perché non farsi rapire da questo giovane fotografo che, da come ne parlano i fotografi intervistati nel volume e da come potete osservare voi stessi nella gallery sottostante, nel raffigurare passato e presente lascia immaginare anche un futuro promettente.

Fino al 15 novembre “Enrico Savi. Ego CumTemplo” sarà in mostra presso la galleria Federico Rui Arte Contemporanea di Milano, in Via Turati 38, con 15 delle sue immagini più suggestive.

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